Un articolo di: Redazione

Nel 2022 la Russia è stata il secondo (dopo l’Arabia Saudita) maggiore fornitore del greggio e il quarto (dopo l’Australia, il Qatar e la Malesia) maggiore fornitore del Gnl alla Cina

Il target posto da Pechino: ottenere la totale o quasi indipendenza energetica della Cina entro la prima metà del 21° secolo. Il Paese aumenta le importazioni del gas naturale, del gas liquefatto e del petrolio. È in corso la costruzione lungo le coste cinesi di una decina di nuovi terminali per lo smistamento del gas liquefatto. Il braccio di ferro per il controllo del mercato globale del Gnl tra la Cina da una parte, l’Europa e il Giappone dall’altra.

Il Governo del presidente, Xi Jinping, stimola le società pubbliche cinesi del settore dell’energia ad aumentare le importazioni dell’energia in tutte le forme, dal petrolio, al gas naturale e al gas naturale liquefatto (Gnl). Le importazioni cinesi aumentano indipendentemente dalla situazione energetica globale. Oltre all’import nudo e crudo dell’energia la Cina cerca di rafforzare il proprio controllo dei siti produttivi all’estero, aumentando gli investimenti non solo nell’estrazione di idrocarburi, ma anche nell’ammodernamento tecnico e tecnologico delle rispettive infrastrutture da export nei Paesi-produttori.
Questa politica economica e finanziaria riflette il compito strategico posto dal Partito comunista cinese di “raggiungere entro il 2050 la totale o quasi indipendenza energetica della Cina”.
Secondo una recente analisi dell’agenzia Bloomberg, attualmente la Cina dispone di maggior numero di contratti a lungo termine per l’import del gas naturale liquefatto. La Cina mantiene questo primato per il terzo anno consecutivo e ci si aspetta che alla fine del 2023 il Paese diventi l’importatore numero uno del Gnl al mondo. La stabilità dei prezzi è il principale vantaggio che offrono agli importatori cinesi i contratti a lungo termine.
”La sicurezza sul piano dell’energia è sempre stato uno dei compiti strategici per le autorità della Cina. L’elevato numero di contratti già firmati permette agli importatori cinesi di non preoccuparsi della possibile futura volatilità dei mercati. Credo che questo trend sia continuato”, ha detto Toby Copson, managing director presso la società di trading Trident Lng con la sede a Hong Kong.
Infatti alla fine dei primi sei mesi dell’anno in corso, la Cina ha accumulato il 33% di tutte le forniture mondiali di Gnl in base ai contratti a lungo termine di tempo. Lo scorso mese la società China National Petroleum Corp. ha firmato un contratto di 27 anni con Qatar Energy per le forniture di gas liquefatto e inoltre ha acquisito una partecipazione nel progetto che prevede un notevole aumento della produzione di idrocarburi presso il Giacimento Nord, nel Golfo Persico. Per diversificare le fonti di approvvigionamento un’altra società cinese, Enn Energy Holdings Ltd., ha firmato un contratto sempre a lungo termine con la società statunitense Cheniere Energy Inc. Lo start delle forniture nell’ambito di tutt’e due gli accordi è previsto per il 2026.
Per garantire i flussi stabili dell’energia verso le industrie cinesi, nei prossimi anni lungo le coste saranno costruiti oltre 10 nuovissimi terminali per lo scarico, la rigassificazione e per il successivo smistamento del gas liquefatto. Secondo le stime della società di consultazione norvegese Rystad Energy “per il 2033 le importazioni cinesi di Gnl raggiungeranno quota di 133 milioni di tonnellate l’anno, ovvero il doppio rispetto alla situazione attuale”.
Nel mese di maggio del 2023 la Cina ha aumentato notevolmente anche dalla Russia le importazioni di gas naturale liquefatto che rispetto al corrispondente periodo del 2022 sono cresciute di 2,3 volte, fino a 930.700 tonnellate. Nei primi cinque mesi dell’anno l’export russo di Gnl verso la Cina è aumentato del 67% per totalizzare oltre tre milioni di tonnellate. In denaro il valore del Gnl russo fornito alla Cina è aumentato in maggio su base annua del 22,8% e fino a 540 milioni di dollari, mentre nel periodo gennaio-maggio del 2023 la crescita è stata pari al 25,2% (2,2 miliardi di dollari). In questo momento in Russia il gas naturale liquefatto di grande tonnellaggio destinato all’export è prodotto dagli stabilimenti “Sachalin Energy” (un progetto congiunto tra Gazprom, Mitsui e Mitsubishi) e da “Yamal Spg” (Novatek, TotalEnergies, Cnpc e Srf cinesi).
Oltre al gas liquefatto la Cina aumenta le importazioni di gas naturale attraverso una rete di gasdotti. Attualmente i Paesi-fornitori sono cinque: Russia, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan e Myanmar. Nel 2019 è entrato in funzione un nuovo maxi gasdotto russo-cinese chiamato “La forza della Siberia” (Sila Sibiri), lungo oltre 3 mila chilometri, che ha collegato i giacimenti di Kovykta nella Siberia sud-orientale e di Ciajanda nella Siberia nord-orientale al territorio cinese. Il gasdotto permette di esportare verso la Cina 38 miliardi di metri cubi di gas naturale russo all’anno.
Crescono di anno in anno le importazioni gaspetroliferi della Cina
Secondo i dati della Dogane cinesi, nel 2022 la Russia è stata il secondo (dopo l’Arabia Saudita) maggiore fornitore del greggio e il quarto (dopo l’Australia, il Qatar e la Malesia) maggiore fornitore del Gnl alla Cina. L’anno scorso l’Arabia Saudita ha esportato verso la Cina 87,48 milioni di tonnellate di greggio (-0,1% rispetto al 2021), mentre la Russia ha venduto alla Cina 86,24 milioni di tonnellate (+8,2% sul 2021) per una cifra totale pari a 58,37 miliardi di dollari (+43,9%).
Le ambizioni della Cina, volte a dominare il mercato del Gnl globale, non possono non preoccupare l’Europa e il Giappone, che ancora nel 2017 hanno siglato un Memorandum di cooperazione con l’intento esplicito di promuovere scambi di Gnl “globali, liquidi, flessibili e trasparenti”.
Quando si tratta di energia le sanzioni anti russe non funzionano. Almeno per il Giappone.
Negli ultimi anni anche il Giappone è diventato uno dei maggiori e “agguerriti” – come ha scritto Il Sole 24 Ore – consumatori del Gnl al mondo. Per non perdere le fonti russe del gas liquefatto il 30 maggio scorso Tokio ha escluso dalle sanzioni i progetti in Russia “legati allo stoccaggio, alla prospezione geologica, alla produzione del petrolio, del gas e del gas naturale liquefatto”. In primo luogo l’allentamento dalle politica sanzionatoria anti russa da parte del Giappone riguarda i tre progetti nell’Estremo Oriente della Russia: Sakhalin-1, controllato da Rosneft, Sakhalin-2 (Gazprom) e Arctic Spg2 (Novatek). E questo perché il consorzio nipponico Sodeco, composto di Japex, Itochu, Marubeni e Inpex controlla il 30% di Sakhalin-1, mentre Mitsui e Mitsubischi controllano rispettivamente il 12,5% e il 10% del progetto russo Sakhalin-2. Altre  ocietà giapponesi controllano il 10% del progetto Arctic Spg2, realizzato dal multimiliardario russo e presidente di Novatek, Leonid Mikhelson.
“Tenendo conto dell’impatto (delle sanzioni, N.d.R:) sulle aziende giapponesi presenti in Russia, sono state prese delle misure necessarie per garantire il funzionamento stabile dei progetti importanti per la sicurezza energetica del Giappone”, ha scritto in una nota il ministero dell’Economia del paese del sol levante.
Il Giappone è uno dei maggiori consumatori del gas liquefatto al mondo, Nel 2022 il 9% del volume totale del Gnl è stato fornito al Giappone dalla Russia. Nel maggio 2023, le vendite russe del Gnl a questo Paese asiatico sono aumentate ancora del 9,1% dopodiché la quota del Gnl russo nelle importazioni giapponesi è aumentata fino 13,22% del totale.
A differenza dell’americana Exxon e della britannico-olandese Shell, che nel 2022 hanno abbandonato i progetti in Russia, le società giapponesi hanno deciso di consrvare la propria presenza nei progetti strategici di Sakhalin-1, Sakhalin-2 e Arctic Spg2.
Lo scorso marzo il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, ha dichiarato che il “Giappone continuerà a partecipare ai progetti in Russia poiché si prevede che la domanda di Gnl nel Paese continuerà a crescere”.

Giornalisti e Redattori di Pluralia

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