Un articolo di: Martin Sieff

Edward Lozansky, fisico e attivista sovietico e americano, si è spento a Mosca, in Russia, il 30 aprile 2025.
Edward Dmitrievich Lozansky è nato a Kiev il 10 febbraio 1941. Ha conseguito il dottorato in fisica nucleare teorica all’Istituto di Energia Atomica “Kurchatov”. È stato ricercatore presso l’Istituto di Energia Atomica “Kurchatov” e l’Istituto unito per la ricerca nucleare di Dubna, insegnando nel contempo all’Accademia militare delle Forze Corazzate intitolata a Rodion Malinovsky.
Nel 1976 si è trasferito in modo permanente negli Stati Uniti; ha ottenuto la cittadinanza americana e si è stabilito a Washington. Nel 1990 ha fondato l’Università Americana di Mosca (oggi Università Internazionale di Mosca).
Negli ultimi anni ha partecipato attivamente ai lavori dell’Assemblea dei Popoli di Eurasia e Africa ed è stato moderatore, per la parte statunitense, del forum pubblico internazionale “Spirito dell’Elba: ponte di fiducia, amicizia e cooperazione”, tenutosi con grande successo il 15 aprile 2025.

Parole di commemorazione di Martin Sieff, alle quali si unisce l’intera redazione del progetto “Pluralia”

Fin troppo spesso, in questo mondo, le persone davvero buone e grandi si rivelano nella loro autentica essenza soltanto dopo la morte, ed è solo allora che si manifestano, in modo straziante, gli enormi vuoti lasciati dalla loro scomparsa.

Così è accaduto con il mio caro amico, con il quale ho coltivato un legame di amicizia per quasi quarant’anni: il professor Edward Lozansky, presidente dell’Università Americana di Mosca e fondatore (fra le altre cose) della “Casa Russa” a Washington.

Edward Lozansky è venuto a mancare a Mosca il 30 aprile all’età di 84 anni.

È stato un congedo davvero straordinariamente appropriato e monumentale da una vita tanto singolare, dedicata con grande ardore alla salvezza e alla sopravvivenza dell’umanità dalla minaccia incombente della terza guerra mondiale termonucleare, minaccia che ancora oggi fa tremare l’intero globo terrestre.

A Mosca Edward è stato organizzatore e conduttore di numerosi eventi celebrativi dedicati allo “Spirito dell’Elba”, all’ottantesimo anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica (Seconda guerra mondiale) e all’incontro fra l’esercito sovietico e quello americano avvenuto presso la città tedesca di Torgau, sulle rive del fiume Elba, che il 30 aprile 1945 suonò come un rintocco funebre per l’infame Terzo Reich di Adolf Hitler.

Per più di un quarto di secolo Edward Lozansky è stato una figura di primo piano e un importante attivista pubblico sia a Washington che a Mosca: in entrambe le capitali ha istituito prestigiosi centri di ricerca e forgiato intere generazioni di leader nello spirito della reciproca comprensione, della convivenza pacifica, della cooperazione e dell’amicizia tra Russia e Stati Uniti, con l’obiettivo di far progredire il mondo e rinnovarlo in meglio.

Edward Lozansky ha fondato e diretto per molti anni l’Università Americana di Mosca. È stato professore presso l’Università Nazionale di Ricerca Nucleare di Mosca. Il mio amico è stato anche fondatore e caporedattore della rivista online “Novyi Kontinent” (Kontinent USA), divenuta una piattaforma per quei dissidenti americani che mettevano in discussione il consenso tra repubblicani e democratici circa la conduzione di guerre interminabili, cruente e dispendiose in ogni angolo del mondo, guerre che devastano Stati e annientano interi popoli in Africa, Europa, Medio Oriente ed Eurasia.

È stato anche un grande ammiratore del progetto “Pluralia” e, fino al suo ultimo respiro, con quella lungimiranza, generosità e inesauribile energia che gli erano proprie, ha lavorato per sviluppare programmi di collaborazione tra “Pluralia” e l’Accademia per la cooperazione internazionale che aveva recentemente fondato.

È stato un uomo profondamente felice nella sua vita personale e familiare, nel legame con la sua splendida moglie Tatiana, con le due figlie e i nipoti. In ogni continente aveva amici intimi che nutrivano per Edward una sincera ammirazione. E lui stesso è sempre stato un amico estremamente affettuoso e leale.

Edward era un eminente fisico nucleare sovietico. Eppure ha osato sfidare il sistema. È diventato un autorevole editorialista anticomunista sulle pagine del quotidiano statunitense “Washington Times” e, con i suoi articoli, ha impressionato profondamente diversi leader statunitensi, tra cui il presidente Ronald Reagan e il vicepresidente Dan Quayle (che è, peraltro, un uomo di grande intelligenza, molto responsabile e meritevole di ammirazione: posso confermarlo personalmente, il vero Quayle è ben diverso da quella caricatura da stolto con cui oggi lo ritraggono i chiassosi e sciocchi autori del “New York Times,” del “Washington Post” e degli altri cosiddetti media “mainstream” americani).

Edward ha scritto e pubblicato tredici libri e più di mille articoli. Uomo di straordinaria erudizione, ha offerto contributi importanti alla fisica, alla matematica, alla biofisica e alla politologia.

Edward ha sempre dato prova di solidi princìpi e di un coraggio fuori dal comune. Ha lavorato all’Università Statale di Mosca e all’Accademia Militare delle Truppe Corazzate, ma nel 1975 ha perso ogni incarico scientifico e accademico a causa delle esplicite critiche, rivolte pubblicamente alla politica interna ed estera dell’Unione Sovietica. L’anno successivo è riuscito a trasferirsi negli Stati Uniti, dove ha condotto ricerche importanti presso il laboratorio per la fusione laser dell’Università di Rochester (nello Stato di New York), e ha insegnato all’American University di Washington. I suoi studi sull’energia termonucleare erano avanti di decenni rispetto alla loro epoca.

Edward ha accolto la fine della Guerra Fredda con l’entusiasmo e l’ottimismo che lo contraddistinguevano. Per trentacinque anni ha lavorato instancabilmente per promuovere la comprensione reciproca e una proficua collaborazione tra il popolo americano e quello russo. Fino alla sua scomparsa, ha organizzato con inesauribile energia e immancabile successo conferenze e seminari, contribuendo allo sviluppo degli scambi scientifici, educativi e culturali tra Russia e Stati Uniti. Nel 1986, insieme al leggendario fisico sovietico e attivista per la pace Andrey Sakharov, ha pubblicato una serie di saggi sul pericolo nucleare e la coesistenza pacifica. I due fisici erano legati da una profonda amicizia e da un impegno comune nella lotta politica.

Edward Lozansky: “Gli americani sono impegnati a trasformare il loro paese in una nuova Unione Sovietica, e non si rendono nemmeno conto di quello che stanno facendo”…

Ho incontrato Edward per la prima volta nello stesso anno, nel 1986. Era un illustre editorialista del “Washington Times”, mentre a me era stato affidato l’incarico di dirigere la copertura degli eventi nell’Unione Sovietica e in tutto il blocco post‑comunista. Edward è sempre stato un interlocutore straordinario e, nonostante i suoi successi e la notorietà, è rimasto fino alla fine un uomo di rara modestia e semplicità. Nell’“imperiale” Washington, affollata da ridicoli pigmei che si ritenevano dei “geni”, Edward Lozansky si è sempre elevato al di sopra di quella massa di individui meschini e ottusi, che non erano degni neppure di lucidargli le scarpe.

Sia negli anni in cui ha sfidato lo Stato sovietico, sia nell’ultimo quarto di secolo della sua vita, Edward è stato un profeta nel deserto politico americano. Si è sempre adoperato per mettere in guardia gli incendiari guerrafondai e i pavidi guerrieri da salotto, repubblicani e democratici, contro i pericoli rappresentati da uno Stato Profondo ormai fuori controllo e in preda alla follia. Riconosceva e denunciava instancabilmente la pandemia di guerre infinite, ipocrite e moralistiche, prive di qualunque scopo strategico o umano, lasciate in eredità alla repubblica americana da George Bush e dalla sua guardia pretoriana di ideologi neoconservatori.

Un giorno, esattamente dieci anni fa, nel maggio del 2015, Edward e io sorseggiavamo il caffè del mattino nell’appartamento che lui e la moglie Tatiana affittavano nei pressi della American University, sulla Connecticut Avenue, nella parte nord-occidentale di Washington. Ricordo che in quell’occasione Edward disse una cosa che mi scosse nel profondo, fino dentro le ossa. Quel brivido lo avverto ancora oggi.

“Gli americani sono impegnati a trasformare il loro paese in una nuova Unione Sovietica”, disse Lozansky. “E non si rendono nemmeno conto di quello che stanno facendo”.

Proprio come nell’URSS di Brezhnev, anche negli Stati Uniti, tra i miseri politici di Washington del calibro di Bush figlio, Barack Obama e Joe Biden, Lozansky si è sempre distinto, elevandosi al di sopra di tutti. Era un grande patriota russo e americano, nel senso più nobile e autentico del termine. Incarnava i valori cristiani e umanitari più sinceri e profondi. Per lui, nato a Kiev, il coinvolgimento dei popoli russo e ucraino in un conflitto tanto terribile e angosciante, una guerra scatenata da sinistre forze esterne, rappresentava una fonte di sofferenza immensa.

Edward Lozansky è stato un grande uomo, il migliore fra gli uomini. Sostituirlo è impossibile. Ma averlo avuto tra noi per così tanto tempo è stata una vera benedizione.

Scrittore, giornalista, analista politico

Martin Sieff