Un articolo di: Lorenzo Lamperti

A detta di Xi la Cina ha davanti "sfide senza precedenti". Il 2025 si apre a nuove possibilità di dialogo e sviluppo. Molto si giocherà nel rapporto con gli Stati Uniti. Nulla è scontato ma le dichiarazioni del nuovo presidente USA ("Lavorare insieme a Xi per rendere il mondo più pacifico") e il suo approccio orientato al business possono aiutare a ricostruire la fiducia tra le due maggiori economie al mondo. Al netto dei falchi come Marco Rubio

Xi è il primo segretario generale del Partito comunista dopo decenni a vivere un ciclo completo dello zodiaco cinese restando leader

Si dice che il segno del Serpente sia quello più enigmatico dell’oroscopo cinese e che simboleggi la saggezza, l’astuzia e l’intuizione. Solitamente, il suo anno è portatore di svolte. Era l’anno del Serpente nel 1953, quando nacque Xi Jinping. Era l’anno del Serpente anche nel 2013, quando Xi iniziò il suo primo mandato da Presidente della Repubblica Popolare Cinese, cambiandone il volto. Ed è l’anno del Serpente anche nel 2025, dopo il capodanno lunare del 29 gennaio. Xi è il primo segretario generale del Partito comunista dopo decenni a vivere un ciclo completo dello zodiaco cinese restando leader. Questo e molto altro rendono il nuovo anno del Serpente un passaggio cruciale per la Cina, sia sul fronte interno che sul fronte internazionale.

Difficile esagerare la centralità dell’andamento economico, che resterà una priorità anche nei prossimi 12 mesi. Nei giorni scorsi, l’Ufficio nazionale di statistica ha comunicato che nel 2024 il pil cinese è cresciuto del 5%, vale a dire in linea con gli obiettivi fissati dal governo. Escludendo il 2020 e il 2022, affossati dalla pandemia, si tratta però del peggior dato dal 1990, l’anno dopo piazza Tienanmen. L’obiettivo del 5% è stato centrato grazie all’accelerazione del quarto trimestre, quando l’economia è cresciuta del 5,4%. Ha inciso in positivo la produzione industriale, salita del 5,8%, dato che si rispecchia col record sulle esportazioni e il surplus commerciale. Ma la domanda interna continua la sua stagnazione. Consumi e fiducia restano deboli, con le vendite al dettaglio che hanno dimezzato la crescita rispetto al 2023. Con un leggero calo dei prezzi, compresi quelli delle case, continua per il secondo anno il trend di deflazione. La crisi immobiliare continua a incidere, con gli investimenti nel settore crollati del 10,6%, il peggior dato dal 1987. Le autorità cinesi ammettono che la Cina è in una “situazione seria e complicata”, con una “domanda interna insufficiente” e “crescenti pressioni esterne”.

Il riferimento è ai possibili nuovi dazi di Donald Trump, che rischiano di colpire quello che continua a essere il motore dell’economia cinese: l’export, che ha registrato volumi da record: per l’esattezza oltre 25 mila miliardi di yuan, vale a dire quasi tre trilioni e mezzo di dollari, con un surplus commerciale poco sotto i 105 miliardi. A fare da traino sono le cosiddette “nuove forze produttive”, il nuovo mantra di Xi che si applica ai settori tecnologici e strategici come microchip, intelligenza artificiale e (soprattutto) veicoli elettrici. Attenzione, però, visto che le potenziali nuove restrizioni all’accesso alle catene di approvvigionamento più avanzate potrebbero porre nuovi ostacoli sulla strada dell’Occidente. La Cina ha comunque mostrato di saper trovare altre vie. Da cinque anni, infatti, l’area dei Paesi ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) è il primo partner commerciale di Pechino. Mentre aumenta il peso del cosiddetto “Sud globale”, con Africa e America Latina che sono guardati con sempre maggiore attenzione. Anche perché la crescita dell’interscambio con la Russia, pur proseguendo nonostante le sanzioni occidentali, rallenta. Si è passati dal +26,3% del 2023 al +2% del 2024, lasciando intravedere la possibilità che si possa essere ormai vicini al picco raggiungibile della cooperazione commerciale tra Pechino e Mosca.

Il ritorno di Trump presenta diverse incognite sui rapporti bilaterali, ma offre anche opportunità: alleggerisce la retorica di Biden sullo scontro tra democrazie e autoritarismi, togliendo un ostacolo ideologico al dialogo

I dati del 2024 mostrano dunque che la trasformazione del modello di crescita voluto da Xi, basato sui consumi interni e produzione di alta qualità, è ancora lontana da realizzarsi. Nell’anno del Serpente serve un’accelerazione su due priorità: consumi interni e autosufficienza tecnologica. I due elementi sono funzionali a ridurre la dipendenza della Cina dall’esterno, schermandola almeno in parte dalle turbolenze internazionali. Non sarà una missione semplice. Per riuscirci, la Cina ha preannunciato “politiche più proattive”: una formula che mancava da diversi anni. Il riferimento è al probabile aumento del deficit di bilancio al 4% del Pil, rispetto all’attuale 3%. Sarebbe il dato più alto dal 1994. Non solo. La Cina è destinata anche ad allentare la politica monetaria per la prima volta in 14 anni, nel tentativo di stimolare la domanda. Nel suo discorso di fine anno, Xi ha garantito anche mosse più decise a sostegno dell’istruzione e del welfare. Temi delicati, dopo che l’anno scorso il governo è stato costretto al primo innalzamento dell’età pensionabile dopo circa 50 anni, a causa della difficoltà delle casse statali e dell’invecchiamento della popolazione. Il nodo demografico resterà un focus di Pechino. Nel 2024, la popolazione cinese è diminuita di circa un milione e 400 mila unità rispetto al 2023. Si tratta del terzo anno consecutivo di calo della popolazione, dopo 60 anni di crescita. E questo nonostante le nascite siano state oltre 500 mila in più. Un fenomeno che diversi esperti giudicano contingente e dovuto alle riaperture del 2023 dopo le lunghe restrizioni anti Covid, nonché alla ricorrenza dell’anno del Drago che è tradizionalmente considerato particolarmente appropriato per avere figli.

L’anno del Serpente sarà fondamentale anche per la posizione internazionale della Cina. Al centro dell’attenzione c’è ovviamente il rapporto con gli Stati Uniti, con l’avvento del secondo mandato di Donald Trump. I primissimi segnali sono stati, per certi versi inaspettatamente, promettenti. All’insediamento del 2017, Pechino inviò solo l’ambasciatore a Washington, Cui Tiankai. I rapporti erano già parecchio tesi, dopo che Trump ruppe tutti i protocolli accettando la telefonata di congratulazioni di Tsai Ing-wen, l’allora presidente taiwanese. Mai dal 1979 un leader di Washington e uno di Taipei si erano parlati ufficialmente. Un episodio che ha peraltro messo in moto una serie di eventi il cui effetto si vede ancora oggi sullo Stretto di Taiwan. Stavolta Trump non ha replicato, non concedendo sin qui spazio al dialogo diretto con l’amministrazione di Lai Ching-te, che Pechino considera un “secessionista radicale”. Non solo. Il tycoon ha invitato Xi alla sua inaugurazione, che ha mandato in sua vece il vicepresidente Han Zheng, in attesa di ricevere Trump a Pechino nei suoi primi cento giorni di mandato. La cautela su Taiwan e l’apertura sulla sorte di TikTok sono stati segnali positivi, anche se la sensazione è che Trump come sempre voglia utilizzare tutti i dossier sul tavolo come possibili armi negoziali. Certo, Joe Biden non aveva mai detto di voler “lavorare insieme a Xi per rendere il mondo più pacifico”, come invece ha fatto Trump dopo la telefonata tra leader che ha preceduto l’insediamento. Un segnale che diversi commentatori cinesi hanno elogiato con enfasi. “La mentalità commerciale di Trump, il suo team orientato agli affari e le crescenti ambizioni di investimento delle imprese cinesi indicano un percorso chiaro: gli investimenti strategici e la produzione localizzata possono trasformare le tensioni economiche in prosperità condivisa”, si legge in un’analisi a firma di Wang Huiyao, fondatore del think tank Center for China and Globalization. “Questi approcci orientati al business possono offrire il modo più pratico per ricostruire la fiducia tra le due maggiori economie del mondo, risolvendo i problemi attraverso la cooperazione commerciale, un accordo alla volta”, aggiunge Wang. Tutto ciò va senz’altro confermato col tempo, visto che all’orizzonte c’è sempre la minaccia di nuovi dazi e non si può dimenticare che nell’amministrazione Trump figurano diversi falchi anti cinesi, a partire dal segretario di Stato Marco Rubio.
Il ritorno di Trump presenta diverse incognite sui rapporti bilaterali, ma offre alla Cina anche diverse opportunità. In primo luogo, alleggerisce la retorica di Biden sullo scontro tra democrazie e autoritarismi, togliendo un ostacolo ideologico al dialogo. In secondo luogo, la spinta trumpiana a una possibile soluzione alla guerra in Ucraina potrebbe rimuovere uno dei principali problemi recenti ai rapporti tra Cina e Paesi europei. In terzo luogo, la volontà di Trump di riaprire il dialogo con la Corea del Nord potrebbe dare a Xi la possibilità di svolgere il ruolo di facilitatore, abbassando le tensioni sul fondamentale teatro dell’Asia orientale. Non è forse un caso che il Giappone sarebbe pronto ad accogliere in visita il presidente cinese nei prossimi mesi. Un evento che, se confermato, sarebbe di portata storica vista l’atavica rivalità tra i due giganti asiatici. Per di più, la Cina osserva con speranza la crisi politico istituzionale in corso in Corea del Sud, che potrebbe concludersi con elezioni presidenziali anticipate. In tal caso, l’eventuale vittoria del Partito Democratico garantirebbe una Seul più equidistante e dialogante, meno sbilanciata a favore di Stati Uniti e (di recente) persino della Nato, con cui il presidente sospeso e poi arrestato Yoon Suk-yeol ha firmato un documento di partnership.

Da ultimo, il ritorno di Trump e la sua retorica protezionista da “America first” dà alla Cina la possibilità di presentarsi come grande garante del libero commercio e del multilateralismo. In materia di piattaforme multilaterali, l’anno del Serpente è particolarmente favorevole a Pechino. Le presidenze di turno di G20 e ASEAN spettano a Sudafrica e Malaysia, due Paesi amici. Persino il Forum delle Isole del Pacifico è guidato dalle Isole Salomone, principale partner cinese nella regione. Xi utilizzerà altri tre eventi internazionali per accentuare la proiezione nel cosiddetto “Sud globale”: il summit della SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) che sarà ospitato proprio dalla Cina, il summit dei BRICS in Brasile e il vertice biennale coi Paesi dell’Asia centrale in Kazakistan. Xi sarà poi in Russia in visita da Vladimir Putin, mentre accoglierà a Pechino il presidente francese Emmanuel Macron, due figure che rivestono un’importanza centrale nella politica estera cinese. Al XVI Congresso del Partito comunista, l’allora segretario generale uscente Jiang Zemin profetizzava un “ventennio di opportunità strategiche” per la Cina. Quel ventennio, complice il primo mandato di Trump e la pandemia di Covid-19, si è concluso in leggero anticipo. Lasciando il posto a quelle che Xi ha definito più volte “sfide senza precedenti”. Nell’anno del Serpente, la Cina proverà a trasformare alcune di quelle sfide in nuove opportunità.

Giornalista, corrispondente per i Paesi dell'Asia e del Sud-est asiatico

Lorenzo Lamperti