Un articolo di: Martin Sieff

Questa è proprio la sorpresa di ottobre che tutti aspettavano, non sapendo cosa sarebbe stata (ma è troppo presto per rilassarsi, c’è tempo fino al 5 novembre per molte altre).

L’autorevole e influente piattaforma web di analisi finanziaria ed economica ZeroHedge.com ha commentato il 23 ottobre: “In una dichiarazione grandiosa e inaspettata, il presidente ucraino Vladimir Zelenskij ha identificato e espresso quello che potrebbe essere il primo passo concreto verso un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina”. Questa settimana ha detto ai giornalisti a Kiev che entrambe le parti devono concordare di comune accordo di fermare tutti gli attacchi aerei contro gli impianti energetici e le navi mercantili e che questo potrebbe aprire la strada ai colloqui per porre fine alla guerra.

Lo ha riferito per la prima volta martedì (22 ottobre) il Financial Times di Londra, che ha citato le osservazioni fatte lunedì (21 ottobre): “Quando si tratta di energia e libertà di navigazione, ottenere un risultato su questi punti segnalerebbe che forse la Russia potrebbe essere pronta per porre fine alla guerra”.

ZeroHedge.com nota accuratamente e astutamente: “Si tratta di una svolta significativa, dato che fino a questa settimana Zelenskij aveva sempre rifiutato l’idea stessa di comunicare con [il presidente russo Vladimir] Putin, dicendo che non avrebbe negoziato con Mosca fino a quando il leader autoritario russo rimane al potere. Questa prospettiva sembra essere cambiata, il che è probabilmente un riflesso della crescente disperazione che provano le forze armate ucraine”. Ma il cambio di direzione di Zelenskij, come giustamente rileva il rapporto, riflette anche qualcos’altro: Zelenskij ritiene che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump nelle sue terze elezioni nazionali consecutive diventerà nuovamente presidente, sconfiggendo l’incompetente e decisamente miserabile vicepresidente democratica Kamala Harris.

Perché, come avevo previsto in questa rubrica il 28 luglio, citando le parole pronunciate 124 anni fa dal presidente della Columbia University Nicholas Murray Butler: “Non puoi conquistare qualcosa non avendo nulla”.

Negli ultimi giorni almeno 22 stati americani sono passati dalla parte di Trump.

Non solo Zelenskij si lascia prendere dal panico in isolamento, anche se un comportamento del genere sarebbe molto tipico per lui. Uno degli analisti delle tendenze politiche più coerenti, accurati e rispettati negli Stati Uniti, Nate Silver, fondatore e direttore del progetto FiveThirtyEight, ha avvertito questa settimana (24 ottobre al momento in cui scriviamo) che negli ultimi giorni almeno 22 stati americani sono passati dalla parte di Trump – secondo le sue stime, basate sull’analisi di numerosi sondaggi condotti al loro interno. Se questa stima si rivelasse corretta – e Silver di solito lo fa – allora Trump vincerà tra i grandi elettori americani il 5 novembre con un margine maggiore rispetto al 2016.

Per essere onesti, Silver non afferma che la sua valutazione sia un’inevitabile profezia scolpita nella pietra. Sottolinea inoltre che l’opinione pubblica americana sembra rimanere chiaramente divisa. Egli stima che la divisione del sostegno Trump-Harris sia 50-50. Si potrebbe anche lanciare una moneta per determinare il risultato. Ma poi aggiunge che, sulla base della sua lunga carriera di successo nel seguire tali tendenze, ha la “sensazione viscerale” che Trump vincerà.

Ovviamente si possono scrivere infiniti articoli citando infiniti sondaggi e commentatori apparentemente autorevoli che prevedono con sicurezza che Harris otterrà comunque una vittoria schiacciante. Si può anche prendere di mira un numero infinito di commentatori conservatori che sostengono che Trump otterrà lo stesso risultato. Ma una serie di indicatori chiave suggeriscono che Nate Silver abbia di nuovo ragione.

Trump sta portando avanti una campagna personale molto più forte di quella di Harris. E’ pieno di entusiasmo.

In primo luogo, sempre più commentatori e piattaforme di notizie che odiano Trump con ogni fibra del loro essere e che sono sempre stati sfacciatamente prevenuti nei confronti di Harris e dei democratici, stanno ora esprimendo le stesse preoccupazioni.

In secondo luogo, un’attenta analisi dei sondaggi, sia a livello nazionale che statale, soprattutto nei 10-12 Stati più popolosi e indecisi, ha mostrato che Trump aveva finalmente raggiunto Harris o addirittura aveva iniziato a superarla.

In terzo luogo, Trump sta semplicemente portando avanti una campagna personale molto più forte di quella di Harris. E’ pieno di entusiasmo. Nonostante tutte le sue esagerazioni, è molto più concreto di Harris. Prende sul serio la minaccia di una guerra nucleare con la Russia o il Medio Oriente. E capisce molto meglio l’economia.

Harris, d’altra parte, è completamente incoerente. E’ già diventata uno zimbello nazionale. Le sue risposte fiorite in televisione in prima serata anche agli intervistatori dei media più obbedienti, sdentati, senza testa e castrati (e lei si rifiuta di parlare con gli altri) sono ora chiamate “insalate di parole” perché sono un miscuglio di contraddizioni inarticolate e incoerenti.

Anche il quasi 82enne presidente Joe Biden, senza dubbio senile (apparentemente incontinente e bisognoso di cambiare il pannolino), è più comprensibile. Ogni volta che ad Harris viene chiesto dell’economia – aumento dei prezzi del gas e dell’energia, costi degli affitti e degli alloggi fuori controllo, aumento dell’inflazione e della disoccupazione – dà sempre automaticamente la stessa risposta risibile e ridicola con il consueto sorriso falso sul volto, iniziando con le parole: “Vengo da una famiglia della classe media”. Questo è già diventato un altro scherzo nazionale.

In altre parole, Harris è esaurita: è diventata la nullità James Cox del 1920, il disperato presidente dell’era della Grande Depressione Herbert Hoover del 1932, l’assurdo e pomposo bambino Thomas E. Dewey del 1948 e, peggio di tutto, il piagnucolone Jimmy Carter del 1980. Nessuno la prende più sul serio.

Affinché Harris possa prevalere il 5 novembre, l’economia americana deve rimanere stabile e il mondo in generale al sicuro. Nessuna delle due cose è accaduta.

Avevo previsto questo probabile sviluppo in questa rubrica già in agosto, quando Harris si stava godendo la sua miracolosa incoronazione alla Convenzione Nazionale Democratica di Chicago. Poi ho ammesso che si stava dirigendo verso la vittoria. Ma ho aggiunto un avvertimento importante: affinché possa prevalere il 5 novembre, l’economia americana deve rimanere stabile e il mondo in generale al sicuro. Nessuna delle due cose è accaduta, e la spaventosa ignoranza, inesperienza e stupidità di Harris stanno diventando sempre più evidenti, tanto che nemmeno la metà liberale del popolo americano può continuare a negarle e ignorarle.

Quindi, quando Zelenskij a Kiev il 21 ottobre ha iniziato a fare la sua straordinaria inversione di marcia verso un accordo pacifico con la Russia, dopo aver gettato via 600.000 vite del popolo ucraino solo per gli applausi dell’ex presidente della Camera Nancy Pelosi e dei suoi amici, stava rispondendo alle tendenze politiche serie e reali, che si verificano in tutto il continente nordamericano.

Se negli Stati Uniti si terranno elezioni libere, aperte ed eque il 5 novembre, è molto più probabile che vinca Donald Trump.

Naturalmente sono possibili altri scenari.

Scrittore, giornalista, analista politico

Martin Sieff