“Dovremmo essere giudicati più per i compromessi che facciamo che per gli ideali che ci animano. Gli ideali possono rivelare qualcosa di importante rispetto a ciò che vorremmo essere, ma i compromessi ci rivelano chi effettivamente siamo”. Gli auguri a tutti i lettori di Pluralia con la riflessione di Francesco Sidoti
L’idea della Terza Roma è un’idea messianica e costitutiva dell’identità russa, così come l’idea di una City upon a Hill è la prima formulazione dell’eccezionalismo americano
Questa Pasqua del 2025 ci ricorda incisivamente un profilo spesso trascurato delle comuni radici monoteistiche, messianiche, religiose della cultura americana e di quella russa.
L’idea della Terza Roma è un’idea messianica e costitutiva dell’identità russa, così come l’idea di una City upon a Hill è la prima formulazione dell’eccezionalismo americano. Gli Stati Uniti sin dall’inizio giustificano la propria volontà di potenza con un’innata vocazione messianica. L’idea di rappresentare il “nuovo Israele” attraversa le prediche dei padri pellegrini; la convinzione di avere un “destino manifesto”, una superiorità politica e morale, si ritrova dalla dottrina di James Monroe (1823) alle dichiarazioni di W.H. Seward nel 1860. Con l’idea di essere una civiltà benedetta da Dio, gli americani si allargarono nell’intero pianeta: strapparono la California e l’intero sud-ovest al Messico nel 1846-48; rinchiusero i nativi nelle riserve e gli afroamericani nei campi di lavoro; cavalcarono sino al Pacifico e lo attraversarono, imponendo con le bombe al Giappone la politica della “porta aperta” nel 1864; cacciarono la Spagna da Cuba e dalle Filippine. I soldi accompagnarono le armi: comprarono la Louisiana dalla Francia (1803), l’Alaska dalla Russia (1867), le Isole Vergini dalla Danimarca (1917). Non si presero anche Formosa per un incidente di percorso.
Non si tratta soltanto degli Stati Uniti. La mission civilisatrice dei francesi, il white man’s burden britannico, la evangelização portoghese, la crociata planetaria della Spagna si nutrirono di una visione teologico-politica. Era ideologicamente messianico, furiosamente messianico, l’Occidente che per secoli ha assaltato il resto del mondo, in questa sua maniera peculiare rispetto alla vasta schiera dei predoni, dei mercanti, dei conquistatori concorrenti, sotto altre bandiere e negli altri continenti.
Vedere soltanto un messianismo imperiale sarebbe però come dire che nel cibo c’è soltanto lo sporco che si vedrà alla fine. Sarebbe pazzesco ragionare in questi termini; come se a guardare una sontuosa tavola imbandita si vedessero soltanto gli avanzi che pure ci saranno. L’ossessione dei principi è parallela a quella sulla immondizia, dice la trattazione freudiana della pulizia come sotterranea patologia (Jenseits des Lustprinzips, 1920): i nevrotici celebrano il candore, ma debbono anche degradare l’ambiente esterno. C’è in loro, contemporaneamente, repulsione formale ed attrazione inconfessata.
La resurrezione è segno di speranza e rinnovamento, il perdono presuppone la comprensione dell’altro, anche del nemico
L’ossessione della purezza, il rispetto dei principi a tutti i costi è mentalità estranea alle radici religiose della cultura americana e di quella russa. Ogni vera moralità cristiana sa infatti che inter urinas et faeces nascimur: la vita comincia tra feci e urine, e continua così, portandosi addosso questo retaggio appiccicoso e colloso, in un insieme di parassiti e commensali, puzze e profumi: soltanto la materia inorganica è levigata e inodore. Le connessioni tra Pasqua, resurrezione, comprensione e perdono sono intime e centrali nella tradizione cristiana, correttamente rivista e ragionata. La resurrezione di Gesù simboleggia una vittoria e una promessa. La resurrezione è segno di speranza e rinnovamento, indica un nuovo inizio; è sacrificio di sé stessi, l’amore è comprensione dell’altro, soltanto in tal modo è redenzione, conferma di una remissione indispensabile, offerta a tutti della possibilità di essere perdonati e riconciliati. Il perdono presuppone la comprensione dell’altro, anche del nemico, nei suoi vincoli e nel suo contesto.
Nelle terre estreme dell’Occidente, il confronto tra realismo e idealismo è spesso estremo. Anche in Russia c’è stato un percorso di competizione e coesistenza di principi religiosi dominanti e costrizioni di crudo realismo nella pratica politica quotidiana. Prima del moralismo cristiano di Lev Tolstoj e di Fëdor Dostoevskij, nel 1821, in Les soirées de Saint-Pétesburg, Joseph de Maistre ambienta proprio in Russia la sua celebre apologia del boia, perché credeva che la paura sia l’unico rimedio contro il disordine. Egli era convinto che la storia fosse guidata dalla Provvidenza, e che il sangue e la sofferenza avessero un senso teologico. La Russia, spesso identificata come “santa” e “sofferente”, non è per lui un luogo geografico, ma un “altrove simbolico” nel quale tutti sono convocati a guardare dentro la propria anima.
In fondo al riconoscimento dell’impossibilità materiale di una giustizia assoluta non ci sono necessariamente il boia o il cinismo o la rassegnazione. Risulta troppo semplice fare un confronto tra gli ideali che vorremmo perseguire e una realtà che a volte mette i principi a dura prova.
La famosa definizione di Churchill a proposito della democrazia va vista nella luce dei compromessi e nel calcolo del male minore. Pensando a Churchill, Popper scrive quella distinzione sulla quale Bobbio ha ragionato più incisivamente di tutti: ogni umana convivenza va giudicata non sulla conta dei suoi difetti e delle sue promesse non mantenute, ma prendendo in considerazione le alternative.
I compromessi sono indispensabili, in teoria e in pratica. Avishai Margalit, altro grande maestro del realismo, ha preso in esame la casistica e le tematiche dei compromessi, da Hammurabi e dall’Antico Testamento in poi; ed è stato in proposito molto chiaro: “Dovremmo essere giudicati più per i compromessi che facciamo che per gli ideali che ci animano. Gli ideali possono rivelare qualcosa di importante rispetto a ciò che vorremmo essere, ma i compromessi ci rivelano chi effettivamente siamo”. La Pasqua del 2025 ci ricorda che non ci sarà pace, non ci sarà Resurrezione senza compromesso, comprensione e perdono.