Un articolo di: Francesco Sidoti

Le ultime interviste all'ex Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, dimostrano come, in un mondo che aveva bisogno di moderazione, l'Amministrazione Biden stesse invece pensando e preparando la guerra

In un contesto generale che avrebbe richiesto moderazione e dialogo, e i pompieri invece degli incendiari, Blinken dichiara apertamente di aver preparato la guerra

Antony Blinken ha salutato il 2024 con due interviste che sono pizzini alla Storia perché interpreti in maniera bellicamente corretta quanto avvenuto negli ultimi quattro anni, negli Stati Uniti e in Europa.

In un ’intervista al New York Times, Blinken dice che, ben prima del 2022 (!), silenziosamente sono state date molte armi all’Ucraina (“per essere sicuri che avessero ciò di cui avevano bisogno… Stingers, Javelin… sono stati poi determinanti”); in un’intervista al Financial Times, inoltre, riconosce che la probabilità dell’uso di ordigni nucleari è “tra il 5 e il 15% ed è stata presa in assai seria considerazione”. Questa narrazione finale di Blinken racconta una traversia differente rispetto alla consueta demonizzazione del nemico: è una rivendicazione di pretesi meriti, costruiti attraverso una meticolosa preparazione, che calcolava anche esiti estremi.

Blinken è un uomo d’onore: ha una lunga, onorata carriera, già dagli anni di Obama, prima come National Security Advisor e poi come Secretary of State di Joe Biden; per la carica recentemente rivestita è stato formalmente la quinta persona nella catena decisionale del sistema politico americano, ma sostanzialmente in questi anni è stato al primo posto, viste le condizioni di salute del presidente Biden e le caratteristiche di quelli che teoricamente lo precedono nella cordata istituzionale. Tanto per fare un esempio a caso: se fosse vero che l’attentato al Nord Stream, per la complessità esecutiva e gravità diplomatica, doveva essere approvato in alte sfere, allora sarebbe stato lui ad aver detto l’ultima parola.

Con l’avvento di Trump, Blinken è andato via in malo modo. Ha tentato di contrastare l’idea che l’eredità dell’amministrazione uscente sia stata una conflittualità enorme, dal Medioriente all’Europa, dall’Africa all’America latina, con un numero crescente di sbandamenti antidemocratici in molti Paesi occidentali. Infatti, le più comuni critiche si estendono lungo un arco che va dall’abuso nei confronti di un presidente sull’orlo della demenza senile sino all’abuso nei confronti di un mondo che barcolla rischiando il baratro, per molte ragioni, da quelle economiche a quelle ambientali. In un contesto generale che avrebbe richiesto moderazione e dialogo, e i pompieri invece degli incendiari, Blinken apertamente dichiara di avere pensato, preparato, profondamente influenzato quella guerra che sta mettendo in ginocchio l’Europa.

Nelle due interviste, Blinken si congeda da uomo d’onore e non parla di vile denaro, dunque trascura i costi dell’impegno economico bellico degli Stati Uniti in Europa, “prima del 2022… silenziosamente”. Si può tentare di stimare per confronti: in Afganistan gli Stati Uniti hanno speso 2 trilioni di dollari e soltanto per il materiale bellico abbandonato in loco si parla di 7 miliardi. Sono cifre immense. Anche in Europa sono stati spesi molti, molti dollari, per molti, molti anni, come hanno rilevato insospettabili osservatori, da molto, molto tempo. Blinken è un uomo d’onore, anche se, nelle interviste, trascura i costi umani: parla affettuosamente della sua famiglia, dei suoi figli e dei suoi suoceri, ma trascura le centinaia di migliaia di morti, vedove, orfani, mutilati, feriti, che rimangono al centro dell’Europa. La guerra contro la Russia è stata prevista e organizzata da tempo; nel 2021, dice Blinken, sono stati dati gli Stingers e i Javelin. Ma non è stato dato questo soltanto; non ci vuole sfrenata immaginazione per stimare il rilievo di quel supporto economico, logistico, tecnologico, informativo che in primo luogo ha fatto la differenza in questi anni.

Nella sua lunga carriera di uomo d’onore, Blinken è sempre stato sul fronte, come Liz Cheney, nel senso che ha sostenuto a spada tratta tutte le guerre americane, da quella contro l’Iraq a quella contro la Libia. Trump aveva affermato che la Cheney non sarebbe stata “un falco della guerra se avesse avuto di fronte un fucile e nove canne puntato sulla faccia. Sono tutti guerrafondai quando stanno sdraiati a Washington in un bel palazzo e dicono: Oh, cavolo, beh, mandiamo 10.000 soldati direttamente in prima linea”. Senza saperlo, Trump stava rispolverando, a modo suo, un’antica saggezza pacifista, che Erasmo riassunse in tre fulminanti parole: Dulce bellum inexpertis, la guerra piace tanto a quelli che non la fanno (così avrebbe tradotto Trump).

Blinken voleva congedarsi bene dalla Storia, ma la cronaca lo ha riacciuffato per la collottola e lo ha precipitato a Seul, all’inizio del 2025, qualche giorno dopo le due citate interviste. La Corea del Sud è un alleato determinante nel sistema di alleanze che vorrebbe accerchiare e strangolare la Cina; invece, ha attraversato una crisi interna sbalorditiva. Biden aveva esaltato il presidente golpista Yoon come un campione della democrazia e, perno della tenaglia anticinese, è stato anche perno del Summit for Democracy, un’iniziativa di celebrazione della democrazia globale. Purtroppo, si dice, “Biden, i suoi principali collaboratori e le agenzie di intelligence statunitensi sono stati colti di sorpresa”. E non è sorpresa che riguarda un presidente che ha perso la ragione, ma un paese che ha perso la fede: in Corea del Sud la perdita di fiducia nella politica è passata dal 45% nel 2018 al 20% nel 2024. Quanti altri Paesi occidentali attraverseranno situazioni più o meno simili? Quante altre sorprese ci saranno?

Dicono che Blinken aveva in programma di accompagnare Biden a Roma, che, agli ultimi giorni della sua presidenza, doveva farsi benedire da Papa Francesco e poi attraversare la porta dell’indulgenza plenaria in Vaticano. Forse c’è qualcosa da farsi perdonare – o forse troppo, tanto è vero che una cospirazione dei cieli ha fatto saltare il viaggio.

Infine, Blinken ha abbandonato la scena con un’assunzione di responsabilità che vale anche per gli altri sodali nell’associazione. Questo Deep State era tutto composto da uomini d’onore, ma proprio i loro concittadini, gli elettori americani, hanno ragionato diversamente e, sputando su tanto onore, hanno deciso che si debbono prendere un meritato periodo di allontanamento, di meditazione, di espiazione.

Sociologo

Francesco Sidoti