Il blocco euro-asiatico vale poco meno di 120 milioni di litri di export nel 2022, con una crescita decennale del 45%, per valori di poco inferiori a 360 milioni di euro, in crescita del 126% nello stesso periodo. Al primo posto, sia per volumi che per valori esportati, troviamo la Russia (circa il 50% del totale del blocco), con crescita volumica del 10% ma valoriale attorno a +75%. Dietro la Russia due repubbliche baltiche: Lettonia (20% di quota) e Lituania (sopra il 10%), con crescite valoriali a tripla cifra, favorite anche dalle triangolazioni di prodotti verso la Russia (Asti soprattutto, ma anche Prosecco).
L’Ucraina, pur avendo registrato un 2022 in decrescita causa guerra, rimane in terreno fortemente positivo, al quarto posto sia per volumi (12 milioni di litri) sia per valori (35 milioni di euro). Chiude il quintetto di testa la terza repubblica baltica, l’Estonia, con crescite a tripla cifra nel decennio e una quota superiore al 5%. Bielorussia e Kazakhstan sono le ultime due destinazioni con volumi superiori al milione di litri, ma per fatturato lo stato asiatico quota sopra i 5 milioni di euro (+123%) contro i 4,6 di Minsk (+442%).
Si scende nel Caucaso, con Georgia, Azerbaijan e Armenia, dove i fatturati cumulati valgono circa 3 milioni di euro, con la crescita più significativa registrata in Armenia (+223%). Ultimo della lista il Kyrgyzstan, con volumi e valori quasi amatoriali, poco sopra i 160.000 euro.
Blocco Asia
Il blocco asiatico vale 101 milioni di litri per 522 milioni di euro, indicatori entrambi in crescita, con spinta però di gran lunga superiore sul lato valore (+71% contro +10% dei volumi). Il primo Paese in assoluto è il Giappone, il mercato più maturo dell’area con il 45% dei volumi e un’incidenza sulle vendite complessive in Asia al 38%. Seconda piazza per la Cina, che però accusa un forte calo nel 2022, -30%). Il Dragone registra un controvalore delle venti di 110 milioni di euro, in aumento del 47% sul 2012. Segue la Corea del Sud, con il 14% di quota circa a valore, che nel decennio, grazie anche agli accordi di libero scambio siglati con l’UE, ha visto lievitare sia i volumi (+150%, 11 milioni di litri), sia soprattutto i valori, balzati a quota 73 milioni di euro, con una crescita di oltre il 300%.
A volume in quarta posizione troviamo il Vietnam, 5,6 milioni di litri e 10% di quota, mentre sul lato valore è Hong Kong a guadagnare una posizione, con circa 27 milioni di euro di controvalore (+8%) e quota del 5%, mezzo punto sopra il Vietnam. Hong Kong a volume scivola in settima posizione, superata da Thailandia (3,5% di share e crescita del 32%) e Taiwan. Restando sul lato volume, in ottava posizione si piazza Singapore (poco più del 2% di quota e +18% decennale), seguito da Filippine (+90%), India (+220%), Malesia e Indonesia, questi ultimi con quote di poco
sotto all’1% e volumi sotto il milione di litri. A valore, invece, interessante notare come la piccola Malesia esprima fatturati superiori all’India (5,7 milioni di euro contro 5, lo stesso fatturato dell’Indonesia). Sopra i 20 milioni di controvalore, oltre a Hong Kong e Vietnam, troviamo tre Paesi: Thailandia (circa +200% e 5% di quota, identico al Vietnam), Singapore (+87%) e Taiwan (+240%).
Secondo il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti (nella foto) “In generale sia l’area europea che quella asiatica rappresentano una buona fetta del futuro per le esportazioni di vino italiano. In particolare, i trend decennali mostrano come – al netto delle tensioni geo-politiche – i rapporti commerciali con il blocco euro-asiatico abbiano registrato maggior vivacità, con un ritmo di crescita a valore (+126%) doppio rispetto alla media export mondiale. È interessante notare come nel periodo considerato quasi tutte le principali destinazioni euroasiatiche – in alcuni casi autentici hub doganali verso la Russia – siano cresciute in tripla cifra e nonostante questo registrino ampie potenzialità di crescita, soprattutto sul fronte di un auspicato incremento della domanda verso prodotti a fascia medio-alta, con conseguente crescita di un prezzo medio ancora troppo basso. Un’area, infine, dove l’Italia è nettamente in vantaggio rispetto alla Francia, i cui volumi esportati sono meno di un terzo rispetto a quelli del Belpaese”.
“L’area asiatica può contare sulla quinta piazza extra-Ue per il vino italiano, il Giappone, ma nel complesso le variazioni riscontrate sono meno eclatanti, con un +10% a volume e +71% a valore. Il motivo del rallentamento è da imputare, in primis, a una domanda cinese in frenata negli ultimi anni, mentre si fanno sempre più interessanti le performance di Sud-Corea, Vietnam ma anche Thailandia, Singapore e Taiwan, tutti ben orientati su fasce medio-alte. In generale, però, i 522 milioni sono poca cosa rispetto al competitor francese, che fa sei volte meglio, per un controvalore di quasi 2,7 miliardi di euro”.