Dacca è ormai “un campo di battaglia”. ONU: la violenza deve cessare immediatamente
Domenica, 4 agosto, sono riesplose le violenze in Bangladesh. In un solo giorno i cruenti scontri tra la polizia, i manifestanti e i sostenitori del Governo sono costati la vita a 94 persone, mentre il bilancio – provvisorio – delle vittime è salito a 300 morti. Secondo le stime molto approssimative delle forze dell’ordine nei disordini sono state ferite circa 6.000 persone.
Le proteste antigovernative in questo Paese asiatico di 170 milioni di abitanti, erano scoppiati circa un mese fa, dopo che gli studenti – in un contesto di alta disoccupazione tra i laureati – erano scesi in piazza per denunciare i “favori concessi a coloro che sono vicini al Governo per diventare funzionari pubblici”.
Durante un briefing una rappresentante della polizia della capitale del Bangladesh ha dichiarato, che “l’intera città di Dacca si è trasformata in un campo di battaglia”. Domenica una folla di diverse migliaia di manifestanti ha dato a “ferro e fuoco” acuni edifici governativi, Numerose auto e moto sono state bruciate. In tutta la città si sentono giorno e notte numerosi colpi di arma da fuoco, nonostante le autorità hanno proclamato il coprifuoco notturno e hanno ordinato la soppressione quasi totale di connessioni della telefonia mobile e di Internet.
Dopo che lunedì, 5 agosto a Dacca è stato registrato un nuovo raduno di massa dei protestanti, l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, si è rivolto con un appello al Governo del Bangladesh, esortando le forze dell’ordine a cessare di prendere di mira manifestanti pacifici.
“Sono profondamente preoccupato che ci potranno essere ulteriori perdite di vite umane al raduno di massa previsto per lunedì a Dacca e per la presenza dell’ala giovanile del partito al governo che si è mobilitata contro i manifestanti”, ha scritto Turk sul social X (ex Twitter).