La Corea del Nord il 19 gennaio ha condotto un test di armi nucleari sottomarine. Lo ha fatto, come sottolinea Pyongchang, come protesta contro le esercitazioni militari congiunte di Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone. L’impiego degli Haeil-5-23, questo il nome dato ai droni sottomarini con capacità nucleare, è solo l’ultima delle azioni dimostrative di Kim Jong-un in queste prime settimane dell’anno e testimoniano una sempre crescente tensione.
Uno dei simboli di Pyongyang, la capitale del Nord, è l’Arco della Riunificazione. Il monumento voluto dal nonno, Kim Il-sung, che simboleggia l’unione ideale delle due Coree, divise in Nord e Sud fin dal 1953 quando, con l’armistizio della guerra di Corea, si tracciò una linea di confine che corre lungo il 38 esimo parallelo.
Ora sembra che Kim Jong-un voglia abbattere il monumento e vuole anche cambiare la costituzione in un crescendo di tensioni che individua in Seoul il nemico “numero uno”, eliminando i paternalistici piani di “riunificazione” del nonno: la Corea sarà una non riunendo ma conquistando il Sud nel caso scoppiasse una guerra, come comunicato dallo stesso Kim intervenendo alla sessione plenaria del parlamento.
Da anni ci sono attriti tra Pyongyang e Seoul, una tensione che periodicamente cresce e decresce e che, fino a oggi, non ha mai fortunatamente portato all’irrimediabile. Ma ora il 2018, anno dell’abbraccio tra Kim Jong-un e Moon Jae-in (allora presidente della Corea del Sud) sembra lontanissimo. In quell’occasione fu rilasciata una dchiarazione conguinta: “I due leader hanno solennemente dichiarato di fronte a 80 milioni di persone della nostra nazione e al mondo intero, che non ci sarà più guerra nella penisola coreana e che una nuova era di pace è cominciata”. I due leader avevano piantato un pino nella zona demilitarizzata, innaffiandolo utilizzando acqua proveniente da entrambe le Coree.
Ora Kim ha abolito tre agenzie che si occupavano di dialogo e cooperazione intercoreani: il Comitato per la riunificazione pacifica del Paese, l’Ufficio nazionale per la cooperazione economica e l’Amministrazione internazionale del turismo Kumgangsan, e lancia messaggi bellicosi: “la violazione di meno di un millimetro del territorio del Nord varrebbe come provocazione di guerra”.
Il mese di gennaio era iniziato (il giorno 5) con l’artiglieria nordocoreana che aveva sparato duecento colpi davanti ad alcune isolette sudcoreane, il giorno 14 era stata la volta di un missile a medio raggio con combustibile allo stato solido e dotato di testata ipersonica che potrebbe potenzialmente colpire le basi americane in Giappone e nell’isola di Guam. Del 15 gennaio è il discorso in cui Kim esprime la volontà di cambiare la costituzione inserendo l’obiettivo di “occupare completamente e sottomettere il Sud, per incorporarlo nel territorio della Repubblica Popolare”. Infine, il 19 gennaio, il test dei droni sottomarini.
La risposta del Sud non si è fatta attendere: “Se la Corea del Nord dovesse mettere in atto provocazioni, noi reagiremmo in modo molto più forte”, ha spiegato il presidente Yoon Suk-yeol.