Dopo le elezioni il Pakistan è più diviso che mai

Domenica 11 febbraio, tre giorni dopo che la popolazione si era recata alle urne, la Commissione elettorale del Pakistan (ECP) ha annunciato i risultati completi delle elezioni.

In testa ci sono i candidati del Movimento per la Giustizia (PTI) seguiti seguiti dalla Lega musulmana del Pakistan (PML-N) e dal Partito Popolare (PPP) in terza posizione. Nessuno dei partiti ha comunque un chiaro mandato per formare il governo al temine di una tornata elettorale caratterizzato da violenze, instabilità e poca trasparenza.

Il popolare Imran Khan (PTI), ex campione di cricket ed ex primo ministro si è imposto con 101 deputati all’Assemblea nazionale ma ne ha bisogno altri 68 per la maggioranza assoluta. Nawaz Sharif (PML-N), anche lui ex primo ministro, è secondo con 75 seggi. Bilawal Bhutto (PPP) ha infine conquistato 54 seggi. Risultato: il Paese è più diviso che mai. Complica la situazione il fatto che, non essendosi presentati con un vero e proprio partito ma come un insieme di indipendenti, i seguaci di Imran Khan possono contare sui candidati direttamente eletti ma non alle poltrone che vengono assegnate in proporzione ai voti ottenuti.

Sarebbero in corso negoziati tra Lega musulmana e popolari per formare un governo di coalizione, coinvolgendo anche alcune formazioni indipendenti minori, ma Imran Khan sta contestando i risultati, dalla galera, dove si trova dal 2022, fine del suo mandato come capo del Governo: gli vengono contestati episodi di corruzione; per questo il suo partito si è presentato alle urne con un altro nome e un altro simbolo. Imran Khan ora evoca brogli “Eravamo in testa in 150 circoscrizioni prima che i risultati iniziassero a essere manipolati”. Tra le accuse c’è il blocco delle reti mobili il giorno del voto e di aver allungato i tempi per modificare i risultati delle elezioni.

Nel frattempo le sfide per il Pakistan sono urgenti e necessiterebbero di una stabilità politiche che sembra quantomai lontana. Il Paese è alle prese con un tasso di inflazione al 30% annuo e con un debito estero di 125 miliardi di dollari. Tra le sfide più urgenti c’è la negoziazione di un nuovo programma con il Fondo monetario internazionale con cui era stato concordato un prestito di 3 miliardi di dollari nel 2023. Ora servirebbe un nuovo intervento del FMI, ma per concedere nuovi aiuti si chiedono riforme che difficilmente si possono attuale se la situazione politica non è stabile.