Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato l’allarme: il finanziamento a debito della transizione green può diventare un grosso problema per gli Stati.
Sussidi e incentivi rischiano di mettere in ginocchio i Paesi che hanno un debito alto ma questo non significa che si stia facendo “troppo” per migliorare le emissioni di gas climalteranti, anzi l’obiettivo di contenere l’incremento delle temperature entro 1,5 gradi sembra di difficile attuazione: “le politiche attuali e annunciate non riusciranno a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015”.
“L’azione per il clima pone i policy makers di fronte a difficili compromessi. Affidarsi principalmente a misure di spesa e aumentarle per realizzare le ambizioni climatiche diventerà sempre più costoso, con la possibilità di aumentare il debito del 45-50% del prodotto interno lordo entro la metà del secolo – si legge nello studio del FMI – Il debito elevato, l’aumento dei tassi di interesse e le prospettive di crescita più deboli renderanno le finanze pubbliche ancora più difficili da equilibrare”.
La soluzione potrebbe essere nello strumento della “tassa sull’inquinamento” da affiancare ai sussidi e puntare sul carbon pricing, ovvero far pagare chi emette CO2, spostando sul settore privato parte dell’onere per la transizione.
“Sebbene nessuna singola misura sia in grado di raggiungere pienamente gli obiettivi climatici, la determinazione del prezzo del carbonio è necessaria ma non sempre sufficiente per ridurre le emissioni – spiega ancora il FMI – (il carbon pricing, ndr) dovrebbe essere parte integrante di qualsiasi pacchetto di politiche. Le esperienze di successo di Paesi in varie fasi di sviluppo, come Cile, Singapore e Svezia, dimostrano che gli ostacoli politici associati alla tariffazione del carbonio possono essere superati. Gli insegnamenti tratti da queste esperienze possono essere utili non solo alle circa 50 economie di mercato avanzate ed emergenti che hanno già adottato schemi di carbon pricing, ma anche agli oltre 20 Paesi che stanno pensando di introdurli”.
Andrebbe fissato un prezzo minimo internazionale del carbonio, differenziato tra i Paesi a diversi livelli di sviluppo economico. I relativi proventi del carbonio potrebbero poi essere in parte condivisi tra i Paesi per facilitare la transizione verde includendo anche trasferimenti fiscali alle famiglie, ai lavoratori e alle comunità più vulnerabili. Secondo le analisi del FMI “un’adeguata combinazione e sequenza di misure climatiche basate sulle entrate e sulla spesa, attuate ora, può limitare i costi fiscali della riduzione delle emissioni, raggiungendo al contempo gli obiettivi climatici”.
In questo modo il debito pubblico nelle economie avanzate aumenterebbe dal 10% al 15% del PIL entro il 2050 : “Rimandare la fissazione del prezzo del carbonio sarebbe costoso, con un aumento del debito pubblico compreso tra lo 0,8% e il 2% del PIL per ogni anno di ritardo”, conclude il FMI.