Al secondo posto il partito nazionalista, entrambi vogliono l'indipendenza ma non concordano sul modo in cui ottenerla
Il Demokraatit Party ha vinto le elezioni che si sono tenute l’11 marzo in Groenlandia. In un clima giocoforza caratterizzato dalle dichiarazioni di Donald Trump che ha più volte esternato le sue mire sull’isola, ha prevalso il partito di centro destra che fino alla vigilia del voto era all’opposizione.
Il voto ha espresso piuttosto chiaramente la volontà popolare di rendere la Groenlandia indipendente dalla Danimarca e di mantenerla indipendente dagli Stati Uniti. Il partito democratico ha ottenuto il 30% dei voti seguito dai nazionalisti di Naleraq con il 23% mentre sono stati sconfitti i partiti che reggevano il governo uscente, ovvero gli ambientalisti di sinistra di Inuit Ataqatigiit sono al 21% (erano oltre il 35% nel 2021) e i socialdemocratici di Siumut che hanno visto percentuali quasi dimezzate ottenendo il 15%. Atassut era l’unico partito groenlandese a sostenere l’unione con la Danimarca e ha preso solo il 7%.
Le elezioni hanno avuto un’affluenza di quasi il 70%, una delle più alte di sempre. L’indipendenza è un tema centrale un po’ in tutti gli schieramenti, cambia il modo e la gradualità con cui la si vorrebbe ottenere. Il partito che ha preso più voti sostiene un processo più graduale mentre i nazionalisti, seconda forza, vorrebbero uno “strappo” immediato. Questo processo sarà chiaramente il tema centrale su cui lavorerà il prossimo esecutivo per cui servirà un accordo di coalizione.
Attualmente la Groenlandia fa parte del Regno di Danimarca ma dal referendum del 2008 il governo locale ha competenze in materia legislativa, giudiziaria e di gestione delle risorse naturali (che sono immense e ancora scarsamente sfruttate). Il 30% del PIL dell’isola è ancora sussidiato da Copenhagen.