Jamie Dimon di JP Morgan: “Il mondo sta vivendo il periodo più pericoloso da decenni”

“La congiuntura macroeconomica e la situazione geopolitica globali fanno sì che questo potrebbe essere il periodo più pericoloso che il mondo abbia mai visto da decenni”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato della banca statunitense JPMorgan, Jamie Dimon.

Per quanto riguarda la situazione economica e finanziaria degli Stati Uniti, Dimon, ha notato che “attualmente, i consumatori e le imprese statunitensi rimangono in buona salute”. Tuttavia, la “persistente tensione del mercato del lavoro e i livelli di debito pubblico estremamente elevati, con il più grande deficit fiscale mai registrato in tempo di pace, aumentano il rischio che l’inflazione rimanga elevata e che i tassi di interesse crescano ulteriormente”, ha sottolineato il finanziere americano, secondo il quale “non conosciamo ancora le conseguenze a lungo termine della guerra in Ucraina, a cui si aggiungono gli attacchi della scorsa settimana a Israele”. L’insieme di questi fattori “potrebbe avere impatti di vasta portata sui mercati energetici e alimentari, sul commercio globale e sulle relazioni geopolitiche”.

In Russia il presidente della società energetica “Rusenergoproject”, Maksim Kanishev, ha dichiarato che “alcuni scenari di escalation del conflitto nel Medio Oriente minacciano un’impennata del prezzo del petrolio fino a 400 dollari al barile”.

“Nel 1973 – ha ricordato l’esperto russo –  in una situazione simile, durante la guerra di Israele contro la Siria e l’Egitto, i Paesi arabi produttori di petrolio, tra cui l’Iraq, il Kuwait, il Qatar, l’Arabia Saudita e gli  Emirati Arabi, imposero un embargo sulle forniture di petrolio ai Paesi a fianco di Israele. Furono colpiti gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Canada. Il risultato fu un quadruplicamento delle quotazioni petrolifere e la più devastante crisi energetica”.

E le preoccupanti conseguenze del micidiale attacco di Hamas non si sono fatte aspettare. L’Arabia Saudita “ha deciso di sospendere le discussioni su una possibile normalizzazione con Israele e ha informato i funzionari americani”, è stato detto a margine della visita a Riyad del Segretario di Stato USA, Antony Blinken. Inoltre “alcune fonti vicine ai vertici politici di Riyad” hanno segnalato all’agenzia di stampa Reuters un “rapido ripensamento delle priorità del Regno in politica estera”.

Il dietrofront di Riyad sembra andare molto oltre: il conflitto starebbe spingendo l’Arabia Saudita a impegnarsi con l’Iran: prima di incontrare Blinken, il principe ereditario, Mohammed bin Salman, ha ricevuto la sua prima telefonata del presidente iraniano, Ebrahim Raisi, che in precedenza aveva dichiarato che “tutti i Paesi islamici e arabi, come anche le popolazioni che vogliono la libertà nel mondo, devono trovare un accordo e raggiungere una cooperazione in un percorso per fermare i crimini del regime sionista contro la nazione palestinese oppressa”.

Intano il tour di Blinken ha toccato e toccherà ancora domenica 15 di ottobre Israele, Giordania, Qatar, Bahrein, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Nel corso dei colloqui il Segretario di Stato ha ribadito con la massima fermezza la condanna americana degli attacchi terroristici contro Israele. “Blinken cercherà di coinvolgere i partner regionali negli sforzi per aiutare a prevenire la diffusione del conflitto, garantire il rilascio immediato e sicuro degli ostaggi e identificare meccanismi per la protezione dei civili” ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller, secondo il quale Blinken “ha avuto una conversazione telefonica” con il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. “Il Segretario e il Cardinale hanno discusso delle preoccupazioni condivise sugli orribili attacchi terroristici di Hamas contro Israele e sulla necessità di aiutare a proteggere i più vulnerabili” ha detto Miller. “Blinken ha ringraziato il Cardinale Parolin per la forte dichiarazione del Papa a sostegno di Israele, affermando il diritto di Israele all’autodifesa e chiedendo il rilascio degli ostaggi”, ha detto il rappresentante della diplomazia di Washington.