L’Ucraina ricorre all’arma energetica contro i Paesi “filorussi” della UE

Il greggio russo crea discordia tra i Ventisette

Peter Szijjarto

Braccio di ferro tra l’Ucraina da una parte, l’Ungheria e la Slovacchia dall’altra, che non ricevono più petrolio dal colosso petrolifero russo Lukoil. Kiev ha testualmente “chiuso il rubinetto” dell’oleodotto ex sovietico “Druzhba” (Amicizia) attraverso il quale notevoli quantità di poco costoso greggio russo affluivano alle raffinerie ungheresi e slovacche, lasciando praticamente “a bocca asciutta” i consumatori est-europei.

Le sanzioni ucraine contro Lukoil hanno fatto infuriare i Governi di Budapest e di Bratislava che lunedì 22 luglio hanno inviato alla Commissione europea una lettera di protesta congiunta , firmata dai ministri degli esteri dei due Paesi est-europei e contenente la richiesta di “premere sull’Ucraina affinché ripristini pienamente il transito attraverso il suo territorio del petrolio di Lukoil”. Budapest e Bratislava hanno accusato l’Ucraina di aver violato i termini dell’accordo di associazione alla UE nel quale, “nero su bianco”, Kiev si impegnava a non impedire il transito di energia sul suo territorio.

L’Ungheria e la Slovacchia non hanno sbocchi sul mare e insieme alla Repubblica Ceca, erano stati esentati dal divieto di importare petrolio via terra dalla Russia. L’Ungheria acquista dalla Russia il 70% delle sue importazioni petrolifere e la carenza di petrolio ha già iniziato a spingere al rialzo i prezzi di benzina con conseguenze drammatiche sull’intera catena economica.

Come ha fatto sapere il capo della diplomazia ungherese, Peter Szijjarto, scaduto un ultimatum di tre giorni, la questione verrà portata sul tavolo della Corte di giustizia europea, mentre l’Ungheria in assenza di una soluzione rapida ed efficace bloccherà qualsiasi nuovo pagamento all’Ucraina da parte del cosiddetto “Strumento europeo per la pace”, una specie di “calderone” finanziario che permette all’Unione europea inviare aiuti finanziari ai Paesi extra comunitari. Per rispondere alle esigenze di difesa e armamento di Kiev, Bruxelles nel 2022-2024 attraverso questo strumento finanziario ha mobilitato oltre 6 miliardi di euro. A marzo l’Ungheria dopo forti pressioni aveva accettato l’aumento del massimale di altri 5 miliardi di euro, e l’istituzione di un apposito fondo pro Ucraina.

Alla fine del 2024 scadrà l’accordo di transito di gas russo attraverso il territorio dell’Ucraina mentre il presidente ucraino, Zelensky, ha dichiarato che “non intende rinnovare l’intesa”, con conseguenze drammatiche per le forniture di “combustibile blu” verso la martoriata Europa centrale e orientale.

Intanto la Russia ha dichiarato che lavora con tutte le parti interessate per garantire che le forniture attraverso l’oleodotto “Druzhba” continuino. Come ha detto il vice primo ministro russo con la delega all’energia, Aleksandr Novak, la “Russia vuole proseguire le forniture di petrolio via ‘Druzhba’ verso la trojka dei Paesi, composta dell’Ungheria, della Slovacchia e della Repubblica Ceca”.