Nel 2023 l’economia dell’Eurozona dovrà crescere più del previsto

L’agenzia Standard & Poor’s ha promosso allo 0,6% la previsione di crescita dell’Eurozona nel 2023. Per Confindustria in Italia persistono i preoccupanti segnali di indebolimento, che rendono la crescita più “fragile”.

Dopo Fitch che il 21 giugno scorso aveva promosso la crescita globale nel 2023 dal 2% al 2,4%, anche l’agenzia di rating internazionale Standard & Poor’s  ha alzato lunedì, 26 giugno, le previsioni per la crescita dell’economia dell’Eurozona nel 2023 allo 0,6 per cento. La stima precedente di marzo aveva indicato un modesto 0,3 per cento. Alla base della stima migliorata gli esperti di S&P hanno messo “la continua solidità del mercato del lavoro e gli effetti delle misure fiscali dei Governi europei”. E questo nonostante la prospettiva di ulteriori aumenti dei tassi da parte della Banca centrale europea. Invece per quanto riguarda le previsioni per il 2024 l’agenzia le ha ridotte di un decimo che sono scese dall’1% allo 0,9 per cento.
Inoltre S&P crede che nel secondo e terzo trimestre del 2023 i Paesi della zona dell’euro riescano a uscire dalla pericolosa stagflazione, grazie alla disinflazione e alla prima stagione turistica regolare dopo la pandemia del Covid-19. Secondo gli esperti di S&P bisogna tenere d’occhio i tassi d’interessi che “continuano a frenare la domanda”.
A differenza di taluni analisti indipendenti, l’agenzia S&P non prevede che l’Eurozona “cada in una profonda recessione”. Infatti l’outlook a medio termine di tempo (2025-2026) risulta più positivo rispetto a quello a breve (2023-2024) perché, scrivono gli esperti di S&P “la politica monetaria dovrebbe aver smesso di frenare la domanda entro due anni, il mercato del lavoro potrebbe dimostrarsi più resistente rispetto a precedenti rallentamenti, e la politica fiscale fornirà un certo sostegno grazie all’attuazione del Next Gen EU fino alla fine del 2026”.
Inoltre, gli esperti di S&P hanno previsto “un rallentamento dell’inflazione complessiva dall’8,4% nel 2022 al 5,8% nel 2023, ovvero lo 0,1% in meno rispetto alla stima dello scorso marzo. Nel 2024 il tasso d’inflazione non dovrebbe superare quota del 2,7%”.
Per quel che riguarda l’Italia in concreto sono intervenuti gli analisi di Confindustria, secondo i quali “sono in aumento i segnali di indebolimento dell’economia italiana, soprattutto nell’industria”. Nella sua analisi economica mensile il Centro studi di Confindustria ha descritto la situazione attuale italiana come “crescita più fragile” del previsto. Si continuano ad accumulare “segnali di indebolimento, specie per l’industria e per le costruzioni. Pesano “il lento calo dell’inflazione e il credito più caro”. I servizi sono “meno dinamici”. Nei consumi delle famiglie ci sono meno beni, in particolare alimentari, e più servizi.