A Oslo i verdi protestano da mesi contro un parco eolico che avrebbe rubato le terre storiche degli allevatori di renne Sami. In Svizzera i Comuni di montagna dicono di essere stati “abbindolati” dalle società che vi costruiscono dei parchi solari
La transizione energetica in Europa, dal nord al sud, non è tutta rose e fiori e, soprattutto, non è tutta green. Molti progetti di energia rinnovabile sono pericolosi per gli esseri umani, violano i diritti fondamentali degli indigeni, oppure sono stati realizzati sfruttando schemi di corruzione.
A Oslo, la capitale della Norvegia, alcune decine di giovani attivisti del movimento ambientalista Natur og Ungdom (Natura e gioventù), affiancati dai rappresentanti del popolo Sami, hanno nuovamente bloccato mercoledì 11 di ottobre una strada vicino al Parlamento norvegese per protestare contro un parco eolico che “starebbe negando agli indigeni Sami il diritto fondamentale di allevare renne nella Norvegia artica”. Gli attivisti hanno denunciato l’incapacità del potere legislativo della Norvegia di restituire le terre storiche agli allevatori.
Al centro della controversia ci sono le 151 turbine del più grande parco eolico onshore d’Europa, che si trova nel distretto centrale norvegese di Fosen, a circa 450 chilometri a nord di Oslo. Gli attivisti sostengono che la transizione verso l’energia verde non dovrebbe avvenire a spese dei diritti fondamentali delle popolazioni indigene.
La protesta potrebbe durare giorni. Manifestanti e giornalisti sono accorsi da diverse parti della regione Sami, ma anche dalla Finlandia e dalla Svezia, per mostrare il loro supporto alla comunità di Fosen. “Oggi il verdetto della Corte Suprema norvegese compie esattamente due anni, ma i diritti del popolo Sami continuano a essere violati”, ha dichiarato ai giornalisti l’attivista Ella Marie Haetta Isakssen, secondo la quale “la sentenza definitiva che aveva dichiarato il parco eolico di Fosen, vicino a Trondheim, una violazione dei diritti umani, è tuttora inapplicata”.
Giovedì a Oslo dovrà arrivare anche Greta Thunberg che, in Svezia, è in attesa del verdetto del processo a suo carico per avere bloccato con alcuni attivisti l’accesso al porto petrolifero di Malmo. Intanto i giovani ambientalisti hanno creato una catena umana e hanno bloccando completamente il traffico in una delle strade principali della capitale norvegese. I Sami hanno eretto numerose Lavvu, le loro tende tradizionali, mentre un rappresentante di questa popolazione indigena ha annunciato l’intenzione di “protestare finché il Governo norvegese non avrà compiuto progressi sulla questione”. La polizia presente sul posto non è intervenuta contro i manifestanti.
Intanto in Svizzera i Comuni di montagna cominciano a chiedere alle aziende elettriche indennizzi per la costruzione dei parchi solari, e non “solo per lo sfruttamento del terreno, ma anche della luce del sole”. La reazione delle aziende elettriche non si è fatta aspettare. Se la richiesta dei Comuni svizzeri dovesse essere soddisfatta ciò rischierebbe di rendere molto meno interessante la costruzione di parchi solari in montagna.
Come ha raccontato agli ascoltatori l’emittente radio RSI di Lugano “il sole di montagna fa gola alle aziende elettriche che vorrebbero costruire molti nuovi parchi solari”. Alcuni Comuni, con i Grigioni in prima fila, ora dicono che anche il sole ha un valore: “I Comuni di montagna sono stati abbindolati in questa ‘offensiva’ solare. Le aziende elettriche hanno visto invece un’opportunità. Si sono unite e hanno fatto delle offerte ai Comuni, offerte molto basse, molto più basse rispetto a quelle dei canoni dell’acqua. Non capisco come mai i Comuni le abbiano accettate, ma sono stati ingannati”, ha dichiarato Not Carl, attivista ed ex presidente dell’Associazione dei Comuni-concessionari della Confederazione Elvetica. Per Carl i Comuni dovrebbero chiedere “un indennizzo per lo sfruttamento non solo del terreno, ma anche del sole”, un po’ come chiesto con i canoni d’acqua.
“I canoni solari rischiano di pesare sulla concorrenzialità degli impianti”, ha subito risposto Roberto Pronini, vicepresidente dell’Associazione delle aziende elettriche. Nel 21° secolo un posto al sole ha un suo costo e questo diventa sempre più alto.