Miele cinese: tre vasetti su quattro non sono a norma
Il 20 maggio in tutto il mondo è stata celebrata la “Giornata internazionale delle api”, istituita dalle Nazioni Unite nel 2017 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di questi e altri impollinatori in termini anche di sicurezza alimentare. Secondo le stime di WWF “oltre un terzo della produzione globale, pari a oltre 160 miliardi di dollari l’anno, è dovuta all’azione degli impollinatori la cui conservazione è a rischio”.
Una giornata, però, segnata pure da proteste. In molti Paesi europei, tra cui la Francia, gli apicoltori si sono mobilitati per proteggere il miele “made in Europe”.
In Italia a suonare l’allarme è stata la Coldiretti, organizzazione degli agricoltori italiani, secondo cui, dall’inizio dell’anno, sono aumentate del 23% le importazioni di miele, di cui circa il 25% di provenienza extra-UE, “spesso di bassa qualità e a prezzi stracciati”, con il risultato di esercitare una pressione al ribasso sulle quotazioni della produzione interna e di alta qualità. Alcuni apicoltori europei hanno scelto di tagliare radicalmente i loro prezzi, arrivando a volte anche a vendere il loro miele a soli 4 euro al chilo. Un prezzo però ancora molto superiore rispetto a quello di alcuni mieli prodotti in Asia e in particolare in Cina, che vengono venduti a solo 1,50 euro al chilo.
In Svizzera la stampa ha bollato il miele asiatico una “vera minaccia per gli apicoltori europei”, soprattutto perché molto spesso il miele cinese è considerato non in regola. In Francia un’inchiesta è arrivata alle conclusioni molto preoccupanti: il miele cinese costa un quarto, ma tre vasetti su quattro non sono a norma, o meglio dire non hanno nulla a che vedere con il miele naturale. La Cina è il primo fornitore di miele in Europa e le cifre parlano chiaro: il 74% del miele cinese sarebbe non conforme alle norme europee. La legislazione europea, appunto, secondo cui il miele deve essere puro, ovvero non alterato da altri ingredienti. Al contrario, il miele cinese è spesso preparato a base di sciroppo di zucchero, per aumentare il volume del prodotto finale, senza però far lievitare i costi. Secondo i risultati di un’indagine svolta dalla Commissione europea e resi noti nel marzo del 2023, “su 320 campioni di miele importato, circa il 46% era fortemente sospettato di deviare dalle regole dell’Unione, in particolare per l’aggiunta di sciroppi di zucchero”.
Una differenza che per il consumatore è praticamente invisibile ad occhio nudo. E anche scegliere di evitare i prodotti cinesi per sfuggire a questo “finto miele” in realtà non è così semplice come potrebbe sembrare. Molto spesso, infatti, l’etichetta sul barattolo di miele riporta i vari Paesi di produzione, ma senza specificare le dosi, con un’etichettatura in realtà al limite della legalità. E così per l’acquirente europeo è difficile, impossibile quasi, capire quando si trova davanti a una contraffazione.
In Francia, gli apicoltori associati alla FNSEA, la principale organizzazione delle imprese agricole francesi, ha chiesto ai supermercati di ritirare dagli scaffali il miele importato dalla Cina e da altri Paesi asiatici. Il risultato è stato imbarazzante per tutti: i reparti dedicati al miele nei supermercati sono rimasti praticamente vuoti, permettendo di capire le proporzioni del problema di “finto miele asiatico”. Dal 2020, l’import europeo di miele dalla Cina è aumentato di circa il 40 per cento.