C’è molta confusione tra gli analisti sull’evoluzione dei prezzi petroliferi e soprattutto sull’impatto che l’escalation del conflitto armato tra Israele e Hamas potrebbe avere sull’economia globale
Secondo le previsioni della Banca Mondiale (World Bank, WB) gli scontri sempre più violenti nella Striscia di Gaza, più l’incessante guerra tra la Russia e l’Ucraina, questi due fattori potrebbero provocare un’impennata significativa dei prezzi del petrolio.
Ma questo scenario “drammatico” sarà realizzabile soltanto nel caso in cui nel conflitto tra Israele e Hamas “dovessero essere coinvolti alcuni altri Paesi del Medio Oriente”. La prospettiva è più che reale ed è uno dei motivi per cui Israele continua a tenere in sospeso l’operazione di terra in Palestina.
In tal caso non si potrà escludere un notevole aumento delle quotazioni petrolifere sopra quota 150-155 dollari al barile. Il 31 di ottobre i futures con consegna a dicembre del greggio WTI e Brent venivano quotati rispettivamente a 82,68 e a 87,91 dollari al barile. Nel suo ultimo report del titolo “I mercati di commodities. All’ombra di rischi geopolitici” (“Commodity Markets Outlook. Under the Shadow of Geopolitical Risks”, per leggere il testo completo in inglese in PDF) gli analisti della WB hanno delineato tre possibili scenari, che potrebbero vedere i prezzi del petrolio raggiungere addirittura i 157 dollari al barile nel caso in cui i “Paesi-produttori del petrolio, in primo l’Iran, dovessero bloccare il traffico delle navi-petroliere nello stretto di Hormuz e soprattutto le proprie forniture di greggio sui mercati globali”. Si ricorda la drammatica crisi energetica del 1973, l’anno in cui i Paesi arabi imposero l’embargo petrolifero, che portò a un calo dell’offerta globale del 6-8% e a un aumento iniziale dei prezzi del 56-75 per cento.
Ma in questo momento le prospettive sia del Medio Oriente che di altre zone “calde” sono talmente poco chiare, che gli analisti della WB hanno preferito subito mettere le mani avanti per ipotizzare anche un possibile calo delle quotazioni petrolifere nel quarto trimestre del 2023 e nei primi mesi dell’anno prossimo.
Il rapporto ha dunque delineato altri due possibili scenari di rischio, basati sempre su analoghi episodi storici che hanno visto coinvolgere alcuni altri conflitti regionali a partire dagli Anni 70 del secolo scorso, ma anche gli eventi molto più recenti. Uno scenario “di piccola interruzione”, equivalente alla riduzione della produzione di petrolio osservata durante la guerra civile libica nel 2011, di circa 500.000-2 milioni di barili al giorno, spingerebbe i prezzi del petrolio fino ad un range compreso tra 93 e 102 dollari al barile nel quarto trimestre.
Per quel che riguarda lo “scenario favorevole” gli esperti della Banca Mondiale hanno rilevato che, dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, i “prezzi del petrolio sono aumentati solo di circa il 6%”. Lo stesso riguarda i prezzi di molte altre commodities essenziali, dai cereali, ad altri prodotti agricoli, alla maggior parte dei metalli che secondo la WB nelle ultime settimane “si sono mossi a malapena”.
In questo ambito la Banca Mondiale si aspetta che nel quarto trimestre 2023 i prezzi globali del petrolio “possano raggiungere una media di 90 dollari al barile, per poi scendere a una quota media di 81 dollari”. E questo perché il “rallentamento della crescita economica globale influenzerà il calo della domanda”.