È stato indetto il primo sciopero nella storia del gigante di elettronica sudcoreano
Da settimane i leader sindacali della Corea del Sud hanno cercato di raggiungere un accordo soddisfacente per un aumento dei salari con i vertici aziendali di Samsung, ma senza alcun risultato. Da settimane i sindacalisti hanno cercato di attenuare il crescente malcontento dei lavoratori, ma ora è arrivato il momento per dire basta: il sindacato nazionale dei lavoratori di Samsung Electronics, che rappresenta più del 20% di tutti i dipendenti del colosso tecnologico sudcoreano, ha indetto un giorno di sciopero. Sarà uno sciopero molto specifico: i leader sindacali hanno chiesto a tutti i membri di “chiedere il proprio giorno di ferie retribuite per il venerdì 7 giugno”.
Il sindacato che rappresenta gli interessi fondamentali di 28.000 dipendenti di Samsung chiede un aumento salariale del 6,5% e un bonus vincolato agli utili dell’azienda che vive un momento di grande crescita per il settore in cui Samsung opera.
È la prima volta che una parte così consistente dei lavoratori protesta in modo così coordinato e unito nella storia dell’azienda, fondata nel 1969. La protesta minaccia di disturbare seriamente il lavoro dell’intero Samsung Group, il più grande produttore mondiale di chip di memoria, di smartphone, di televisori e di schermi a cristalli liquidi.
Negli ultimi tempi Samsung, che nel corso degli anni ha sempre cercato di presentarsi agli occhi dell’opinione pubblica sudcoreana e internazionale, come un’”azienda-famiglia”, è stata invece accusata di adottare metodi “feroci e disumani” per evitare la sindacalizzazione dei propri dipendenti. Come ha ricordato la stampa sudcoreana il “fondatore del gruppo Lee Byung-chul, morto nel 1987, era fortemente contrario alla contrattazione collettiva”.
Per questo motivo Samsung non ha avuto un sindacato fino al 2019. Soltanto cinque anni fa un gruppo di attivisti approfittò dell’arrivo al potere a Seul di un Governo di sinistra. Il presidente di allora, Moon Jae-in, prima di fare politica era un avvocato che durante la sua carriera aveva spesso difeso i diritti dei sindacati. Un altro fattore che finalmente permise ai lavoratori di Samsung di creare un proprio sindacato, fu il processo per corruzione che coinvolse l’allora vicepresidente di Samsung e nipote del fondatore, Lee Jae-yong.
Qualora anche dopo il 7 di giugno i negoziati dovessero finire di nuovo in un vicolo cieco, il sindacato ha minacciato di indire a breve uno sciopero più ampio. “Non vogliamo più sopportare le persecuzioni contro i sindacati. Dichiariamo questo sciopero di fronte alla negligenza dell’azienda nei confronti dei lavoratori”, ha scritto il sindacato in un comunicato stampa.
Come ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP Kim Dae-jong, professore di economia alla Sejong University “Samsung nel suo insieme sarà sicuramente colpita duramente dallo sciopero del 20% del personale, soprattutto in un momento in cui il settore dei semiconduttori sta attraversando una evoluzione senza precedenti”. Secondo Kim Dae-jong “a differenza di Hyundai Motor, che deve gestire praticamente uno sciopero all’anno, la direzione di Samsung faticherà a tenere sotto controllo questa situazione perché non ha mai dovuto farlo prima”.