Stati Uniti. Dalle sale dei musei spariscono scheletri umani

Con l’avvicinarsi di Halloween e della Dìa de los Muertos, che si celebra in Messico dal 28 ottobre al 2 di novembre, le vetrine di negozi e di locali di tutto il mondo si colorano di arancione, nero e bianco, si riempiono di zucche illuminate, di fantasmi, di scheletri e di streghe. Completamente l’opposto sta succedendo nei musei degli Stati Uniti che si erano posti un interrogativo non solo di carattere etico-morale, ma anche di quello legale: è lecito esporre i resti umani in un museo?

Dopo aver lungamente preso in considerazione il problema, sono arrivati alla conclusione che non lo era, e negli scorsi giorni, il Museo Americano di Storia Naturale di New York (American Museum of Natural History, AMNH), uno dei più famosi e illustri al mondo, ha annunciato che “toglierà dalle vetrine la sua vasta collezione di ossa umane, circa 12.000 pezzi”. Ma l’amministrazione dell’AMNH è andata oltre: “Alcuni reperti umani – è stato annunciato – verranno restituiti ai discendenti, o almeno si cercherà di trovarli, mentre i restanti finiranno nei depositi”.

In una dichiarazione, diffusa dalla rete televisiva CNN, il presidente del Museo americano di storia naturale di New York, Sean Decatur, ha annunciato che “nessuno dei defunti, a parte chi ha scelto di donare le proprie spoglie alla scienza, ha mai accettato di finire esposto nella collezione di un museo”. Secondo Decatur in sostanza si tratta “di sfruttamento”. Ed ecco il risultato: scheletri e mummie, assieme a utensili, a strumenti musicali e ad accessori di vario tipo “realizzati con ossa umane”, non saranno accessibili al pubblico.

Spiccano strumenti musicali di epoca precolombiana, ma anche resti di mongoli dell’XI secolo e ossa dei nativi americani. “Nulla di tutto ciò è essenziale alla struttura del museo e delle sue mostre”, ha sottolineato Decatur, secondo cui bisogna riconsiderare una volta per tutte la “complessa eredità della raccolta di resti umani”.

Decatur ha enfatizzato il fatto secondo cui nelle teche del suo museo il 26% delle spoglie appartengono ai “nativi americani che vennero sterminati durante la colonizzazione europea”. Non mancano poi le ossa di cinque africani che vennero ridotti in schiavitù per lavorare nei campi, recuperate durante la demolizione di un cimitero nei primi anni del Novecento. In ogni caso si tratta di “una piccolissima percentuale dell’intera collezione”, ha però precisato la portavoce del museo di New York, Kendra Snyder.

Oltre alle collezioni, conservate nei musei, per il presidente Decatur “è giunto il momento di riconsiderare la politica della raccolta di resti umani” durante gli scavi archeologici e la loro successiva conservazione. “Anche nel caso si tratti di oggetti culturali – ha detto Decatur – bisogna sempre rivalutare la reale necessità di una loro esposizione al pubblico”. Il presidente del museo americano ha infine ricordato come fra il XIX e il XX secoli gli studiosi di archeologia utilizzassero la ricerca per trovare conferme sulla supremazia bianca: “Rafforzano i modelli di disprezzo razziale”, ha concluso Decatur.