Il documento che chiede un "dialogo mondiale" sulla governance dell'AI, è stato approvato da Francia e India, co organizzatori dell'evento, dalla Cina e da altri 58 Paesi
Manca la firma di USA e Regno Unito sulla dichiarazione finale dell’AI Action Summit, il vertice di Parigi sull’intelligenza artificiale. Il documento, che è stato sottoscritto da 61 Paesi, tra cui India e Cina, auspica un’intelligenza artificiale che sia “aperta”, “inclusiva” ed “etica”.
I firmatari propongono un “dialogo mondiale” sull’argomento e vorrebbero che questa tecnologia che sembra stia inaugurando una nuova rivoluzione globale fosse più accessibile evitando una concentrazione del mercato. Il vertice ha portato alla nascita anche di un osservatorio sull’impatto energetico dell’intelligenza artificiale guidato dall’Agenzia internazionale per l’energia e si vorrebbe arrivare a costituire una coalizione per l’AI sostenibile che includesse tutte le aziende leader nel settore.
“Qui stiamo gettando le basi, insieme all’innovazione e all’accelerazione, per ciò che consentirà all’AI di emergere e di affermarsi, in altre parole, le chiavi della fiducia”, ha spiegato Emmanuel Macron. L’Unione europea ha lanciato poi “InvestAI”, un progetto che intende mobilitare “200 miliardi di investimenti”, come spiegato dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “Troppo spesso – ha continuato la leader dell’escutivo UE – sento dire che l’Europa è in ritardo nella corsa, mentre gli Stati Uniti e la Cina sono già in vantaggio. Non sono d’accordo. La corsa all’IA è tutt’altro che finita. La verità è che siamo solo all’inizio”
Il tema è tuttavia molto divisivo come confermato dalla mancata firma di Washington e Londra. Al vertice ha preso parte anche il vice presidente degli Stati uniti, J.D. Vance che ha spiegato come una “regolamentazione eccessiva potrebbe avere l’effetto di uccidere un’industria in pieno sviluppo (…) Gli Stati Uniti sono leader nell’IA e la nostra amministrazione vuole che lo restino” e ha messo in guardia circa possibili partenariati con
“regimi autoritari. Questi non sono mai benefici nel tempo”.