Opinions #47/23

Opinions #47 / 23
La parabola

Che sta succedendo in Ucraina? A quasi venti mesi dall’inizio del conflitto che ha monopolizzato media e dibattito politico internazionale un velo di approssimazione è calato sulla guerra. I dispacci dal fronte fanno adesso meno notizia. Titoli più piccoli e articoli più brevi, racconti più distaccati. Certamente il raffreddamento può essere fisiologico, tanto più in presenza del contemporaneo conflitto (ri)esploso in Medio Oriente.

Eppure la guerra che la Russia ha lanciato come ‘operazione militare speciale’ è lungi dall’essere finita. E lontanissima appare una soluzione che non sia militare. Le condizioni per continuare ad alimentare intenzioni e preoccupazioni sono le stesse del 2022 e di tre mesi fa. Perchè lo scontro Mosca-Kiev, diventato rapidamente prova di forza tra Nato e Russia e destinato ad allargare la faglia tra Occidente e un bel pezzo del Resto del mondo, è davvero il tassello che può modificare il puzzle globale.

Ma il racconto di quello che sta succedendo è cambiato. Quantomeno di intensità. Andando a ritroso, questo atteggiamento risale alla fine dell’estate. Dopo aver portato all’eccesso le aspettative per gli esiti della controffensiva ucraina di primavera, preannunciata in autunno e lanciata quando era quasi estate, il mainstream sembra prendere atto di evidenze più volte anticipate dai vertici militari americani, a cominciare dal capo di stato maggiore congiunto Mark Milley, o da leader politici che hanno guidato le forze armate del proprio paese, come il presidente della Cechia, Petr Pavel. “E’ difficile immaginare che Kiev possa riconquistare i territori occupati dai russi”, il leit-motiv di Milley. “Non vedo una opportunità per la controffensiva ucraina”, il parere di Pavel.

Ciononostante l’inerzia narrativa ha proseguito senza rallentamenti, enfatizzando l’entrata in scena di armamenti sempre più efficaci. Prima i missili Himars, poi i carriarmati tedeschi Leopard e quelli francesi Leclerc, poi i blindati americani Bradley, poi ancora i razzi Atacms. Un arsenale, fornito da europei e americani, che avrebbe dovuto segnare le sorti della guerra. In attesa dell’ultimo asso nella manica invocato da Zelensky, i caccia F-16.

Nel frattempo nessuno degli obiettivi di Kiev è stato raggiunto. Il prezzo in vite umane della decisione di difendere fino all’ultimo uomo avamposti come Mariupol e Bakhmut ha invece rivelato crepe profonde ai vertici del potere ucraino. Con il Presidente Zelensky sostenitore di una resistenza a oltranza, nonostante svariate centinaia di soldati uccisi o feriti ogni giorno, e con i suoi generali sempre meno convinti della strategia.

Spaccatura che si è poi approfondita, con la destituzione di generali e comandanti, la rimozione di ministri e viceministri, procuratori e magistrati, con l’annuncio di candidature alle presidenziali del prossimo anno di ex fedelissimi di Zelensky.

Contestualmente, con una campagna contro la corruzione condotta per assecondare le richieste di Bruxelles, il presidente ha avuto modo di sbarazzarsi anche di alleati diventati insidiosi. Ai quali ha comunque deciso di tarpare ogni velleità, annullando le elezioni del 2024, ‘causa guerra in corso’. Spiegazione che ha suscitato mugugni sempre meno celati. Del resto anche i sondaggi  ufficiali dicono che una parte crescente della popolazione ucraina è favorevole alla fine della guerra, con compromessi variabili sulla perdita di Crimea e Donbass. Sentimento testimoniato dai fermi alle frontiere di decine di migliaia di uomini che sfidando la legge marziale, costantemente prorogata, cercano di sottrarsi all’obbligo di arruolarsi e acuito dall’arruolamento forzoso di ogni donna con esperienza medica o infermieristica.

Uno stato d’animo, nel paese che si accinge a vivere un altro inverno durissimo, che va di pari passo con la perdita di energia del sostegno americano. Con il Congresso che a maggioranza repubblicana ha già imposto uno stop a Biden sugli aiuti a Kiev, con un candidato indipendente dal nome pesante come Robert F. Kennedy jr che è entrato in campo difendendo le ragioni della Russia, con settori del Pentagono che vedono la partita ucraina troppo onerosa rispetto a quella prioritaria in vista per Taiwan.

In più la debolezza di Biden, che deve pure affrontare passaggi giudiziari scivolosi per i suoi ‘affari di famiglia’ in Ucraina, si è accentuata con la perdita di controllo della reazione israeliana all’assalto di Hamas del 7 ottobre. La conferma viene dalla pubblicazione di sondaggi non ostili che lo danno perdente in un eventuale nuovo confronto presidenziale con Trump.

Scenari in evoluzione che mettono in difficoltà i vertici delle istituzioni europee. Il quartetto bruxellese – Von der Leyen, Borrell, Michel e Metsola –  aveva trovato un agevole percorso politico e diplomatico su cui veleggiare dall’inizio della guerra. I cambiamenti in atto, abbinati alla imminente campagna elettorale per le europee di giugno, con il rimescolamento delle carte che si profila, li trovano in imbarazzo. Anche gli impegni ripetuti a favore di un allargamento della UE all’Ucraina trovano adesso un crescente scetticismo nelle cancellerie dei 27.

I prossimi dodici mesi, con lo snodo delle elezioni americane, saranno decisivi per la guerra e per l’eventuale apertura di un qualche tipo di negoziato. Ma intanto, a raffreddare ulteriormente la copertura mediatica del conflitto, è intervenuta la spietata analisi dell’ISW, il citatissimo istituto americano per gli studi sulla guerra, che dopo aver lungamente alimentato le speranze di Kiev ha fotografato una situazione pesante per le sue truppe. Dall’inizio dell’anno al 30 settembre scorso, comprendendo quattro mesi di controffensiva ucraina, la linea del fronte si è spostata pochissimo. E lo spostamento è stato a favore dei russi, che hanno conquistato circa 200 miglia quadrate di territorio.

Prima del 24 febbraio 2022 la Russia occupava poco più del 7 per cento dell’Ucraina, adesso poco meno del 20 per cento. In una prospettiva elettorale rischiano di essere numeri scomodi per Zelensky.

Senior correspondant

Alessandro Cassieri